Salute

Tatuaggi per 7 milioni di italiani: ecco chi sono

L'Istituto Superiore di Sanità traccia il primo identikit degli appassionati di tattoo e avverte: troppi sottovalutano i rischi per la salute

Sono 7 milioni gli italiani contagiati dalla tattoo-mania, il 13% della popolazione: la maggior parte di loro ha tra i 30 e i 40 anni e vive nelle Regioni del Nord, dove lavora grazie ad un titolo di studi medio-alto. A tracciare questo identikit è il primo rapporto sui tatuaggi nostrani stilato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) per vigilare sui potenziali rischi per la salute di questa pratica, troppo spesso sottovalutati ma che colpiscono in media il 3% dei tatuati.

L’indagine è stata condotta dall’ONDICO, l’Organismo Notificato Dispositivi e Cosmetici dell’ISS, su un campione di quasi 8.000 persone rappresentativo della popolazione italiana con più di 12 anni.

Gruppo San Donato

Dai dati emerge che i tatuaggi sono più diffusi tra le donne (13,8% delle intervistate) rispetto agli uomini (11,7%): le prime preferiscono disegnare schiena, piedi e caviglie, mentre gli uomini tatuano per lo più braccia, spalle e gambe.

Un tatuato su quattro risiede nel Nord Italia, il 31% ha una laurea e il 63% lavora. Il primo tattoo viene effettuato a 25 anni, ma il numero maggiore di tatuati riguarda la fascia d’età tra i 35 e i 44 anni (29,9%). Tra i minorenni la percentuale è pari al 7,7%. Il 76.1% dei tatuati si è rivolto ad un centro specializzato di tatuaggi e il 9,1% ad un centro estetico, ma ben il 13,4% lo ha fatto al di fuori dei centri autorizzati mettendo a rischio la propria salute.

Il 17% dei tatuati si dice pentito del disegno impresso sulla pelle e oltre il 4% si è già sottoposto a trattamenti per cancellarlo, anche pagando parcelle salate che variano dai 1.000 ai 5.000 euro.

«Il tatuaggio – spiega Alberto Renzoni, esperto dell’Istituto Superiore di Sanità che ha coordinato l’indagine – non è una camicia che si indossa e si leva: è l’introduzione intradermica di pigmenti che entrano a contatto con il nostro organismo per sempre e con esso interagiscono e possono comportare rischi e, non raramente, anche reazioni avverse. Per questo è fondamentale rivolgersi a centri autorizzati dalle autorità locali, con tatuatori formati che rispettino quanto prescritto dalle circolari del Ministero della Salute».

Secondo i dati dell’indagine, infatti, il 3,3% dei tatuati dichiara di aver avuto complicanze o reazioni: dolore, granulomi, ispessimento della pelle, reazioni allergiche, infezioni e pus. Ma il dato appare sottostimato. In tutti questi casi, solo il 12,1% si è rivolto a un dermatologo o al medico di famiglia (il 9,2%) e il 27,4% si è rivolto al proprio tatuatore, ma più della metà (il 51,3%) non ha consultato nessuno.

In generale, comunque, solo il 58,2% degli intervistati è informato sui rischi: la percezione sui rischi considerati più frequenti riguarda le reazioni allergiche (79,2%), l’epatite (68,8%) e l’herpes (37,4%). Mentre, soltanto il 41,7% è adeguatamente informato sulle controindicazioni alla pratica del tatuaggio.

08/09/2015

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