
Negli ultimi mesi il fenomeno dei siti sessisti e della diffusione senza consenso di immagini intime o compromettenti ha assunto una dimensione sempre più preoccupante. Non si tratta solo di un problema legale o tecnologico, ma di un vero e proprio attacco alla dignità e alla salute mentale delle donne che ne restano vittime.
Come spiega Francesca Schir, segretaria del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi (Cnop) e coordinatrice del Comitato Pari Opportunità, la violenza digitale, anche se “virtuale”, produce conseguenze molto concrete: «i danni riguardano il benessere sia fisico che psicologico delle donne che la subiscono».
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L’impatto psicologico dei siti sessisti
Quando una donna scopre che la propria immagine è stata condivisa senza consenso e resa oggetto di commenti violenti, può avere conseguenze emotive devastanti. Questo tipo di aggressione, spiega Schir, «ha a che vedere con il senso della propria libertà e sicurezza». Non sorprende quindi che molte vittime sviluppino ansia, vergogna, perdita della fiducia nelle relazioni, fino a disturbi più gravi come depressione, attacchi di panico e sindrome da stress post-traumatico.
Gli effetti possono essere ancora peggiori sulle ragazze più giovani, che vivono la propria identità in costruzione e possono essere maggiormente esposte a sensi di colpa e isolamento.
Dalla sfera privata a quella pubblica
La violenza online non rimane confinata alla dimensione privata. Le donne coinvolte tendono a ritirarsi dai social e, spesso, a ridurre anche le interazioni nella vita quotidiana. Questo significa meno partecipazione nei contesti sociali, culturali e professionali.
Di fatto, si tratta di un fenomeno che limita la libertà delle donne non solo nella loro intimità, ma anche nella loro presenza pubblica, restringendo spazi di espressione e partecipazione sociale. È una ferita che colpisce il corpo, l’immagine e, soprattutto, il senso di sicurezza personale.
Perché servono percorsi di supporto psicologico
Secondo l’Ordine degli Psicologi, è fondamentale che l’intervento non si fermi all’aspetto legale e tecnico. Certo, denunciare e rimuovere i contenuti è essenziale, ma non basta: le vittime hanno bisogno di percorsi di supporto psicologico per ricostruire fiducia, benessere e relazioni.
Sono utili, ad esempio:
- Spazi di ascolto dedicati, protetti e non giudicanti, in cui poter raccontare l’esperienza.
- Gruppi di sostegno tra pari, che aiutano a ridurre isolamento e vergogna, promuovendo resilienza e nuove strategie per affrontare il trauma.
- Anche gruppi online, purché sicuri, possono diventare luoghi preziosi di condivisione e ripartenza.
Una responsabilità collettiva
Contrastare i siti sessisti e la violenza digitale non è solo un compito delle vittime o della giustizia, ma una responsabilità collettiva. Proteggere la salute mentale e la dignità delle donne significa difendere il diritto alla libertà, alla sicurezza e alla partecipazione nella società.
Creare ambienti digitali sicuri, promuovere educazione al rispetto online e garantire accesso a percorsi di supporto psicologico sono passi indispensabili per spezzare un meccanismo che rischia di annientare la fiducia di chi ne viene colpito.