La leucemia mieloide acuta è una forma aggressiva di tumore del sangue e del midollo osseo ed è la forma più comune negli adulti. In Italia si registrano ogni anno 2.000 nuovi casi, soprattutto nelle persone con un’età media alla diagnosi di 68 anni.
Per quanto riguarda le terapie, le linee guida ESMO, la Società europea di oncologia, prevedono un trattamento diviso in tre fasi:
- induzione;
- consolidamento;
- mantenimento.
La fase di induzione ha l’obiettivo di ridurre al minimo le cellule leucemiche e raggiungere la remissione completa, cioè una condizione in cui i segni e i sintomi della patologia diminuiscono o scompaiono. A questa fase segue una fase di consolidamento e di mantenimento, il cui scopo è quello di ridurre il rischio di ricadute.
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Leucemia mieloide acuta: le mutazioni FLT3-ITD sono presenti in circa il 25-30% di tutti i casi
Negli ultimi anni è aumentata la conoscenza di questa malattia. In particolare, la possibilità di individuare le sue caratteristiche genetiche e molecolari ha consentito di sviluppare terapie mirate. «Sono state identificate numerose mutazioni genetiche nella leucemia mieloide acuta e le mutazioni FLT3 (tirosina chinasi 3 tipo FMS) sono tra le più comuni» spiega Roberto Cairoli, Direttore della Struttura Complessa di Ematologia dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano e Professore Associato di Ematologia all’Università Milano-Bicocca. «Le mutazioni FLT3-ITD sono presenti in circa il 25-30% di tutti i casi di leucemia mieloide acuta, ma ora sono disponibili nuovi trattamenti mirati sul bersaglio molecolare, che hanno dimostrato di migliorare significativamente la sopravvivenza globale».
Leucemia mieloide acuta: quizartinib efficace in chi è positivo alle mutazioni genetiche FLT3-ITD
Un farmaco innovativo si chiama quizartinib, un inibitore orale della tirosin-chinasi del recettore FLT3, che agisce selettivamente sulle mutazioni FLT3-ITD ed è stato sviluppato specificatamente per i pazienti con leucemia mieloide acuta positiva a questa mutazione genetica.
«Si tratta di un farmaco prezioso per trattare questa patologia aggressiva fin dalla prima linea, così da diminuire il rischio, consistente, di ricaduta della malattia. Quizartinib è stato valutato in combinazione con chemioterapia standard nelle fasi di induzione e consolidamento e come monoterapia di mantenimento, dimostrando di ridurre il tasso di mortalità e di raddoppiare la sopravvivenza globale mediana» prosegue Cairoli.




