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Rischio prostata ingrossata prima dei 50 anni: i 6 fattori più importanti

Uno studio della Società Italiana di Urologia ha evidenziato che dieci uomini su cento fra 40 e 50 anni hanno già una diagnosi di ipertrofia prostatica benigna. Ecco perché

Ipertrofia prostatica: allarme negli under 50

Nell’immaginario collettivo si tende a pensare che i disturbi legati alla prostata insorgano in età avanzata. Sbagliato: i dati raccolti dalla Società Italiana di Urologia, con il contributo non condizionante di Menarini, nel corso della campagna di prevenzione #Contrallati del 2017 raccontano tutt’altra storia. Il 10% degli uomini tra i 40 e i 50 anni ha già una diagnosi di ipertrofia prostatica benigna, cioè un aumento del volume della ghiandola che provoca problemi sessuali e di minzione (ma non solo). L’indagine, inoltre, ha permesso di individuare per la prima volta i fattori di rischio associati allo sviluppo di questa malattia. La pressione alta incrementa la probabilità del 50%, il diabete del 57%, colesterolo e trigliceridi alti fino al 37%. Sotto accusa anche la sindrome metabolica, che alza il rischio del 50%, e il fumo (57%).

Dati allarmanti

«I dati raccolti confermano che l’aumento di volume della prostata è chiaramente associato agli stili di vita» osserva Fabio Parazzini, membro del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università di Milano e co-autore dello studio. «Colpisce la frequenza di sintomi urinari ben al di sotto dei 50-60 anni. Il 34% degli under 40 ne ha già, negli under 30 si tratta soprattutto di bruciore urinario. Fra i 30 e i 40 anni però cresce la quota di chi soffre di nicturia. La conseguenza è che il 10% degli under 50 ha già una diagnosi di ipertrofia prostatica benigna».

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Cos’è l’ipertrofia prostatica benigna

L’ipertrofia prostatica benigna è l’ingrossamento della prostata, la ghiandola localizzata subito al di sotto della vescica.

Cause

Le cause sono ancora sconosciute. Tuttavia lo studio della Società Italiana di Urologia ha individuato per la prima volta i fattori di rischio che contribuiscono all’insorgenza della malattia. Questi sono:

  • l’ipertensione,
  • il diabete,
  • il colesterolo e i trigliceridi alti,
  • la sindrome metabolica,
  • il fumo di sigaretta.

Sintomi

Poiché l’ingrossamento della prostata tende a comprimere la parte di uretra che la attraversa, restringendone il calibro, si possono verificare sintomi “urinari”. Si può avere difficoltà a iniziare la minzione, percepire l’incompleto svuotamento della vescica e osservare un flusso molto debole. Altri “segnali” da non sottovalutare sono:

  • frequenza nell’urinare,
  • bisogno impellente di fare la pipì di notte (nicturia),
  • necessità di svuotare la vescica,
  • bruciore mentre si urina.

Diagnosi

Quali esami fare in presenza di uno o più sintomi? Come primo controllo il medico di base o l’urologo effettuano l’esplorazione rettale, cioè l’esame della prostata eseguito attraverso l’orifizio anale (consigliato ogni anno a partire dai 50). Uno degli strumenti diagnostici principali, poi, è l’ecografia transrettale, che consente di rilevare le dimensioni della prostata e la sua eventuale pressione su uretra e vescica. Altro esame che può essere prescritto dal medico è la flussometria. Con questo esame si misura la velocità e la forza del getto urinario, da cui si può dedurre una rilevante ostruzione al flusso urinario. Spesso vengono eseguiti un dosaggio del PSA (antigene prostatico specifico), per escludere la coesistenza di un carcinoma della prostata, e un esame delle urine.

Terapie farmacologiche

Di solito le cure farmacologiche sortiscono i primi effetti dopo alcune settimane e possono essere necessari diversi mesi prima di ottenere un risultato ottimale. La terapia si basa su due tipi di farmaci, che necessitano di prescrizione medica.

Gli inibitori della 5alfa reduttasi, come la dutasteride o la finasteride. Agiscono inattivando gli enzimi che permettono la trasformazione del testosterone in diidrotestosterone (Dht), responsabile dell’ingrossamento della prostata. Tendono a ridurre di poco, tra il 10 e il 15%, le dimensioni della ghiandola. Gli effetti indesiderati più rilevanti sono l’impotenza (nell’1% dei pazienti) e il calo della libido (nel 2% dei casi).

Gli alfa bloccanti, ossia silodosina, tamsulosina, terazosina e alfuzosina. Agiscono sui sintomi, perché rilassano il tono muscolare di collo vescicale e prostata, migliorando il flusso urinario. Tra gli effetti collaterali più frequenti ci sono vertigini, ipotensione ortostatica e astenia.

Intervento chirurgico

L’intervento più praticato, in caso di insuccesso della terapia farmacologica, è la resezione endoscopica della prostata (Turp). Attraverso l’uretra viene introdotto uno strumento chiamato “resettore”, che rimuove l’adenoma della prostata, scavando una sorta di tunnel per facilitare la minzione. Eseguito in anestesia spinale, è un intervento poco invasivo che comporta una degenza di 2/3 giorni. La convalescenza dura un paio di settimane, durante le quali è bene astenersi da sforzi eccessivi (sollevare pesi e attività sportiva). In alternativa alla Turp si possono praticare vari tipi di interventi con il laser.

Prevenzione

«Prevenire la malattia si può ma è necessario darsi da fare già molto prima degli “anta” attraverso un’attività fisica regolare e un controllo adeguato dei parametri cardiometabolici di rischio» avverte Vincenzo Mirone, responsabile della comunicazione della Società Italiana di Urologia e direttore del Dipartimento di Urologia all’Università Federico II di Napoli. «Lo sport risulta particolarmente protettivo proprio nei più giovani, dove riduce la probabilità di ipertrofia prostatica 4 volte di più rispetto agli over 50. È quindi fondamentale modificare lo stile di vita fin da giovani, perché le abitudini sane hanno un impatto positivo su pressione, glicemia, colesterolo ma anche sul benessere della prostata e sulla salute sessuale». Non bisogna dimenticare di consumare in abbondanza frutta e verdura (specialmente il pomodoro ricco di licopene, in grado di proteggere la salute della prostata) e di limitare i cibi grassi e le carni rosse. Bisogna lasciar perdere gli alcolici ed evitare di bere troppa acqua o altri liquidi di sera, per ridurre il bisogno di urinare durante la notte.

I rimedi naturali

I semi di serenoa repens, conosciuta anche come palma nana, hanno un’azione antiandrogenica. In parole povere inibisce l’attività degli ormoni androgeni, responsabili dell’ingrossamento e dell’infiammazione della ghiandola.

Può essere utile anche la radice di ortica. Funziona però solo nelle forme iniziali della malattia.

La corteccia di pygeum ha un effetto antinfiammatorio. È efficace nelle forme iniziali del disturbo, specie se associato a prostatite (infiammazione della ghiandola).

FONTE: Società Italiana di Andrologia

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