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Giornata prevenzione del suicidio: riconoscere cause e segnali

Tra i giovani, influenzati dai social network, è un fenomeno in preoccupante crescita. Abbiamo fatto il punto con l'esperta di OK Monica Chiovini

La giornata di sensibilizzazione

La giornata di sensibilizzazione

Il suicidio è un atto estremo che ha tra le cause scatenanti la depressione ed è un fenomeno in preoccupante crescita tra i giovani, influenzati dai social network. I segnali per riconoscerlo ci sono e la prevenzione gioca un ruolo fondamentale per aiutare chi pensa di non potercela fare da solo. In occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, abbiamo approfondito l’argomento con l’esperta di OK Monica Chiovini, psicologa, criminologa e consulente forense. Professore all’Università Internazionale di Scienze della Sicurezza e della Difesa Sociale e psicologa forense all’Istituto di Scienze Forensi di Milano-Corsico, si occupa di formazione per le Forze dell’Ordine e rieducazione nelle carceri (puoi chiederle un consulto qui).

Indagare le cause

Indagare le cause

Quali sono le cause che portano a compiere l’atto estremo del suicidio? «Il suicidio è un comportamento o un sintomo associato o conseguente a un’altra malattia mentale o a una situazione sociale, famigliare e lavorativa di forte disagio. Il suicidio può essere conseguente a dei disturbi psichici gravi come la depressione, i disturbi dell’umore, il disturbo bipolare e la schizofrenia. Di solito il suicidio è più presente nella depressione. Può essere conseguente anche a stati di dipendenza prolungata da alcol e droga».

Gruppo San Donato

Dopo un lutto

«Ci sono anche situazioni particolari che possono portare al suicidio, come i lutti (morte di un famigliare o del coniuge) e i traumi non superati. Se in seguito al lutto subentra una depressione, l’incapacità di accettazione e di elaborazione della morte, si può arrivare al suicidio, proprio perché non si riesce a vivere senza l’altra persona o per la convinzione che con il suicidio e quindi la morte ci si unisca nuovamente alla persona che non c’è più. Un’altra causa è il dolore cronico, come ad esempio le nevralgie, o delle malattie importanti come il cancro. Una persona che ha uno o più tumori può non riuscire ad accettare la malattia e rifiutare le cure, prediligendo la via più breve che è quella del suicidio».

Riconoscere i segnali

Riconoscere i segnali

Quali sono i segnali? «Prima di tutto uno stato d’animo molto negativo: non vedere un futuro e il pensiero ricorrente di non farcela più. Il soggetto piange spesso, è chiuso in se stesso, tende a isolarsi, ha una perdita d’interessi. Si può anche verificare una forte aggressività verbale e fisica».

Distinzioni di genere

Distinzioni di genere

È una prerogativa più maschile o femminile? «Il suicidio non fa distinzioni di sesso. La differenza sta nel fatto che le donne che cercano di metterlo in atto difficilmente riescono nell’intento, mentre gli uomini, come ad esempio i numerosi casi recenti che si sono verificati nelle forze dell’ordine, lo compiono con successo. Le ricerche hanno evidenziato una componente legata all’età: dopo i 40-50 e 60 anni ci sono più casi di suicidio. La ragione è legata al fatto che in questo periodo della vita si vive uno stato più riflessivo, si tende a fare un bilancio della propria esistenza: se non ci si sente realizzati e appagati, sia sul piano lavorativo, sia su quello affettivo e personale si può entrare in quello stato di non accettazione e depressione, bassa autostima e atti autolesionistici che possono portare al suicidio».

Il ruolo dei social

Il ruolo dei social

I social e le nuove tecnologie hanno incrementato il suicidio tra i giovani? «Dietro ai social c’è in realtà una solitudine, un isolamento, una mancanza di relazioni stabili e di dialogo. L’adolescente si sente solo perché gli amici, anche se numerosi, sono virtuali. Se ha un problema, non sa con chi parlare, spesso manca anche il supporto dei genitori. Manca il confronto con i propri coetanei che in questa fase della vita è molto importante. Tutto questo può generare isolamento, solitudine e può sfociare nel suicidio.
Attraverso i social c’è molto più bullismo rispetto a un tempo. Una volta questo comportamento era relegato a scuola o nel gruppo dei pari, oggi ci sono delle offese scritte che rimangono in rete. Il cyber bullismo si basa sulla derisione, sull’umiliazione pubblica diffusa.

Non accettazione

«Penso anche ai casi di ragazzi e ragazze che scelgono una identità sessuale di tipo omosessuale e non vengono accettati, anzi vengono presi in giro sui social. Il suicidio subentra anche negli adolescenti che soffrono di anoressia nervosa: il soggetto non si accetta, ha una visione alterata di sé e del proprio corpo, bassa autostima, risente molto dell’influenza sociale e degli stereotipi fasulli. Se manca il sostegno da parte della famiglia l’adolescente può compiere gesti estremi come l’autolesionismo e il suicidio».

La prevenzione

La prevenzione

Come si può prevenire? «In ambito scolastico, pensando al cyber bullismo e ai suicidi conseguenti alla diffamazione attraverso i social, la prevenzione può orientarsi soprattutto sul dialogo e la conoscenza: portare dei testimoni che hanno vissuto fenomeni di suicidio o di cyber bullismo. Occorre favorire la socializzazione tra pari, l’aiuto reciproco e il supporto tra coetanei. L’obiettivo è far capire che queste azioni di presa in giro e di bullismo sono infantili e denotano debolezza e insicurezza. All’interno delle forze dell’ordine, dove negli ultimi tempi si sono registrati molti casi di suicidio, dovrebbero essere organizzati seminari e cicli formativi all’interno della polizia locale, penitenziaria o dei vigili urbani. Riservare una figura psicologica di supporto che operi nei luoghi di lavoro delle forze dell’ordine, che sia facilmente accessibile».

L’importanza delle relazioni sociali

In ambito clinico bisogna stare attenti ai segnali che anticipano il suicidio. Alle volte è il paziente stesso che se ne accorge ed esterna la consapevolezza di trovarsi in una fase molto critica, di non farcela, di avere dei pensieri negativi. Questi segnali non vanno trascurati, anzi occorre fare un lavoro di equipe e coinvolgere la famiglia. Non conta il numero di amici, o di falsi amici se parliamo dei social, conta la qualità delle relazioni: il genitore che parla con il figlio o il paziente che ha il coniuge ben consapevole del suo disturbo e lo aiuta, lo capisce e gli parla. Il supporto e il dialogo sono fondamentali. Parlare è come svuotarsi di un peso, e torna il sorriso.

Eliana Canova

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