News

Chi sono i nativi digitali e gli immigrati digitali?

I nati negli anni Zero, i cosiddetti Millennials, usano la tecnologia con grande naturalezza da quando sono piccolissimi, a differenza dei loro genitori, gli immigrati digitali

Quali sono le conseguenze di questo profondo cambiamento avvenuto nell’era delle nuove tecnologie? Come pensa un nativo digitale? Abbiamo affrontato l’argomento con Laura Ambrosiano, psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana.

In quale modo il progresso tecnologico ha trasformato la realtà nella quale viviamo e le nostre abitudini? 
Il progresso tecnologico sta modificando un po’ tutte le nostre abitudini di vita. Senza che ce ne accorgiamo, la realtà si trasforma e noi con essa. Oggi siamo tutti connessi, in ogni momento della giornata, i social hanno poi un ruolo molto importante in questa trasformazione e anche molto invadente.
Se da una parte la tecnologia digitale ha semplificato il lavoro e alcuni aspetti della vita sociale, dall’altra ha “modificato” il modo di pensare e di approcciarsi agli altri e questo è riscontrabile soprattutto nelle nuove generazioni, quelle dei cosiddetti nativi digitali.

Gruppo San Donato

Qual è la differenza tra nativi e immigrati digitali?
I nativi digitali appartengono alle generazioni che sono nate nell’era della tecnologia digitale. Per questa categoria di persone, tutti i linguaggi tecnologici e le relative applicazioni sono innati, imparano a usarli ancor prima di leggere. La loro è di conseguenza un’intelligenza digitale, che sviluppano molto precocemente e che fa parte del loro bagaglio genetico. I nativi digitali di oggi sono i futuri manager e uomini di successo del 2030, che dovranno convivere in una realtà virtuale ancora più penetrante.
Gli immigrati digitali invece appartengono alle generazioni precedenti, non hanno le stesse capacità e destrezza e familiarità con la tecnologia digitale, anzi spesso ne sono intimoriti. Hanno bisogno del libretto d’istruzioni, mentre i nativi dialogano alla pari con ogni nuovo mezzo tecnologico.
L’errore più diffuso degli immigrati è pretendere di custodire ogni verità e di voler tramandare le proprie conoscenze, mentre si dovrebbero essere più tolleranti e curiosi e meno intimoriti dal rischio di dipendenza. I divieti che i genitori spesso impongono ai propri figli, non funzionano.

Il diffondersi dell’utilizzo di Internet, app e community come ha modificato il modo di pensare dei nativi digitali?
I nativi digitali pensano e agiscono in maniera differente dagli immigrati digitali. La tecnologia digitale stimola zone cerebrali diverse e si manifesta nel multitasking, la capacità di svolgere contemporaneamente più attività: lavorare al pc mentre si telefona, mandare un messaggio e nello stesso tempo guardare un video. Per i nativi digitali è una predisposizione del tutto naturale, hanno una capacità di “zapping” consapevole, mentre per le generazioni precedenti è vissuta come un sovraccarico.
Sono più intelligenti? Alcuni studi hanno dimostrato che a troppe ore di esposizione alle nuove tecnologie non corrisponde alcun aumento del quoziente intellettivo. Meglio una “dieta bilanciata” che si basa sull’esposizione ragionevole.
Infine, i nativi posseggono un sapere enciclopedico, più vasto degli immigrati, ma volte con gravi lacune. La loro è una conoscenza a “maglie larghe”, piena di buchi. Imparano soltanto ciò che gli è utile per l’obiettivo del momento.

Privacy e potere del gruppo: per gli adolescenti oggi tutto, o quasi, è condiviso. Quali sono le conseguenze?
Gli adolescenti crescono all’interno di gruppi omogenei che amano le stesse cose ed hanno gli stessi interessi. Il bello, per loro, è che tutto deve essere condiviso, non esiste una dimensione della privacy. Sono sempre connessi, ma non hanno bisogno di un reale faccia a faccia, di un confronto se non sul piano virtuale. È importante ciò che pensa il gruppo, non l’individuo, perché è in questa dimensione che trovano piena soddisfazione. Bisogna sempre tenere presente che l’immaginazione non deve superare la realtà. Le nuove tecnologie, in particolare i social, devono servire per esplorare la realtà e non per crearne una ad hoc dove l’immaginazione la fa da padrone.

C’è il rischio che la realtà virtuale sostituisca i rapporti sociali?
La realtà virtuale permette di spaziare con l’immaginazione, ma c’è il rischio, soprattutto per gli adolescenti, di una fuga dalle emozioni e dal reale. Non c’è più confronto e questo può portare a un progressivo appiattimento del mondo interiore, con conseguenze importanti a livello sociale e personale.
C’è un modo corretto di gestire le nuove tecnologie, senza farsi annullare? Prima di tutto ponendosi come fruitori critici, utilizzando la tecnologia per raggiungere i propri obiettivi, mantenendo la consapevolezza che i mezzi digitali sono artificiali e continuando a coltivare il proprio sviluppo personale, i legami sociali e affettivi, il proprio mondo. Rimanendo connessi con la realtà e con “noi”.
Uno dei compiti delle vecchie generazioni è avere una propria vita e di trasmetterla ai figli, di incoraggiare la curiosità, di aiutare ad affrontare i conflitti, altrimenti si rischia di cadere nel conformismo.

Eliana Canova

TI POTREBBERO INTERESSARE ANCHE 

Il tablet è come una droga per gli adolescenti

Adolescenti: dormono poco per colpa dello smartphone e rischiano la salute

Drogati di smartphone: quando l’uso del cellulare diventa una dipendenza

Gli effetti sul cervello di 30 anni di internet

 

 

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio