Salute

Udito e otosclerosi: cause, sintomi, diagnosi, cure e intervento chirurgico

L'otosclerosi si manifesta con un calo dell'udito che peggiora nel tempo e che può portare anche a sordità. L'esperto di OK Ettore Cassandro spiega il percorso diagnostico e come intervenire

Il Focus è a cura di Ettore Cassandro, professore ordinario e direttore dell’unità operativa di otorinolaringoiatra dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Salerno (puoi chiedergli un consulto qui).

L’otosclerosi è una patologia che colpisce la staffa, uno dei tre piccoli ossicini situati nell’orecchio medio. A causa della crescita di osso esuberante, la staffa si irrigidisce e non riesce a trasmettere correttamente il segnale sonoro alla coclea. Solitamente colpisce entrambe le orecchie (otosclerosi bilaterale).

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CAUSE. La causa dell’otosclerosi è genetica e ha quindi carattere ereditario. Colpisce più le donne che gli uomini, anche se non se ne conosce il motivo.

SINTOMI. Il sintomo per eccellenza è la perdita d’udito. L’ipoacusia è progressiva e, nei casi più avanzati, può evolvere in sordità grave. In generale, la gravità dell’otosclerosi dipende dallo stadio della malattia: si va dallo stadio 1 con sordità moderata e funzione coclearie integra allo stadio 4 con sordità grave e funzione cocleare compromessa. Alla perdita d’udito spesso si associa l’acufene (percezione di rumori nell’orecchio che può essere anche il primo sintomo). In gravidanza i sintomi possono diventare più evidenti a causa delle fluttuazioni ormonali, mentre non c’è alcun legame con l’ipertiroidismo di cui ha sofferto Valeria Graci (leggi qui la sua testimonianza) se non come patologia concomitante che di per sé, come per tutti i dismetabolismi, può anch’essa portare abbassamento d’udito.

DIAGNOSI. Le due indagini principali sono: l’esame audiometrico tonale e quello impedenzometrico. Con il primo è possibile diagnosticare l’ipoacusia, che nei primi stadi ha carattere trasmissivo mentre il secondo evidenzia invece una alterazione o l’assenza del riflesso stapediale, ovvero il riflesso che, in caso di suono troppo intenso, blocca la catena ossiculare presente nell’orecchio medio e che permette una diagnosi precocissima.

INTERVENTO CHIRURGICO. Non c’è una terapia medica risolutiva. L’unica possibilità è intervenire chirurgicamente, a patto che la malattia non abbia raggiunto uno stadio molto avanzato. L’intervento d’elezione è la stapedotomia che, a differenza della strapedectomia, non prevede la rimozione della staffa. La stapedotomia, infatti, consiste nel praticare un foro nella platina della staffa, attraverso il quale viene inserita una protesi di teflon, simile a un piccolo pistone. Questo viene agganciato all’incudine e serve a trasmettere all’orecchio interno il segnale acustico della catena ossiculare. Nei casi in cui l’intervento non possa essere effettuato si può ricorrere alla protesi acustica tradizionale che deve essere tarata in maniera molto accurata.

POST-INTERVENTO. Pur essendo delicato, l’intervento non richiede tempi di recupero lunghi. Per quanto riguarda, invece, le limitazioni di cui ha parlato l’attrice, non bisogna essere categorici. La pressione può danneggiare la protesi, per esempio quando si viaggia in aereo con il raffreddore o durante le immersioni subacquee, ma non è un’evenienza molto comune. Per quanto riguarda il parto, nei casi in cui venga richiesto uno sforzo eccessivo, la cosa migliore è optare per il cesareo.

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