SessualitàVulvodinia

Quando sospettare una vulvodinia?

Ecco quali sono i primi segnali della vulvodinia raccontati dalle donne che ne soffrono

«La vulvodinia inizia a manifestarsi con una sorta di bruciore percepito nella zona della vulva» spiega Daniele Grassi, uroginecologo presso l’Hesperia Hospital di Modena e presso il Centro del Pavimento Pelvico GynePro di Bologna. «Molto spesso questo bruciore fa pensare alle donne e ai medici che le seguono, che si possa trattare di infezioni, per esempio di candida, e per questo molto volte si iniziano dei trattamenti specifici contro le infezioni. Però queste infezioni non sempre sono evidenti e il bruciore talvolta periste anche dopo le cure. A questo punto il sospetto che si possa trattare di vulvodinia dovrebbe insinuarsi».

Il bruciore, descritto da molte donne come un dolore pungente, può essere presente anche senza alcuna stimolazione della zona vulvare. Il più delle volte, però, le donne iniziano ad avvertire questo bruciore durante il rapporto sessuale perché la zona viene stimolata (scopri qui come le donne descrivono i sintomi della vulvodinia).
La diagnosi dunque spesso arriva con fatica perché la vulvodinia viene confusa con altre malattie ma anche perché è poco nota.

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Quanto tempo si impiega di norma per arrivare alla diagnosi?

«Ahimè, è vero, è facile confondere la vulvodina con altre condizioni e soprattutto è “facile” non diagnosticarla» continua l’uroginecologo. Il tempo che passa tra il momento in cui la donna inizia a soffrire di questo disturbo e il momento in cui viene posta la diagnosi – questo tempo viene definito latenza diagnostica – purtroppo è molto alto, si parla anche di 5-7 anni».

Qual è la strategia terapeutica?

«Si può curare sia la superficie esterna della mucosa dei genitali con appositi prodotti locali sotto forma di creme e di gel, e si possono utilizzare dei farmaci assunti per bocca che vanno ad agire a vari livelli della cascata di eventi che portano al bruciore vulvare. Questi trattamenti possono essere utilizzati da soli o in combinazione tra loro. A queste cure si aggiungono anche terapie riabilitative del pavimento pelvico» (per approfondire il tema delle cure, leggi qui).

In quanto tempo si guarisce?

«Non voglio né generare speranze, né toglierle. Nel mio lavoro vedo una grade variabilità nella risposta alle terapie da parte delle pazienti: alcune riescono a stare bene già dopo 2-3 mesi di cura, per altre invece il tempo si allunga anche intorno a un anno».

C’è il rischio di ricadute?

«È difficile vi siano ricadute. In genere quando si è raggiunto un livello di benessere, questo viene mantenuto per sempre o comunque per lungo tempo. A distanza di anni è possibile che si ripresentino alcuni segni ma in tono molto minore. Ma a quel punto, intervenendo prontamente quindi senza quel ritardo diagnostico di cui dicevo prima, la cura può essere molto più rapida e molto più efficace» conclude il dottor Grassi.

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