Salute

Malattie rare della retina, si accendono speranze nella vita dei pazienti

Luci ed ombre difficili da trasformare in immagini chiare e visuale molto ristretta, è così che spesso vedono i pazienti affetti da malattie rare della retina.

Per questo molti, anche se non vivono nel buio assoluto come alcuni ancora credono, sono ciechi a tutti gli effetti: la loro visione è tanto compromessa da rendere difficile svolgere le funzioni, anche quotidiane, in piena autonomia. Per loro però la ricerca sta facendo veramente grandi passi avanti. Non più di un mese fa è arrivata la notizia che otto persone con retinite pigmentosa (leggi anche della terapia genica) hanno ricevuto l’impianto di una retina artificiale: si tratta della prima volta al mondo che questa tecnica è stata applicata.

«Ho visto finalmente la sagoma di mia figlia, nata quando già avevo perso la vista» ha raccontato una delle pazienti che si è sottoposta a questo intervento al reparto di Chirurgia oftalmica dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana. La protesi è un microchip che viene impiantato direttamente sulla retina. Oltre all’impianto interno, il sistema di protesi retinica è completato da un paio di occhiali indossati dal paziente che consentono di catturare le immagini dall’esterno attraverso una piccola videocamera. Il video viene elaborato e trasformato in istruzioni in un microcomputer collegato agli occhiali e indossato dal paziente come un comune smartphone nella propria custodia. Le istruzioni vengono quindi catturate dal microchip impiantato nell’occhio del paziente, attraverso una trasmissione wireless, e i segnali convertiti in impulsi elettrici capaci di stimolare le cellule della retina ancora funzionanti.

Gruppo San Donato

Certo, hanno spiegato bene i medici, non è che dopo l’intervento i pazienti si alzano e vedono perfettamente, c’è bisogno di tutto un periodo di riabilitazione posto operatorio lungo almeno due mesi. Questo è solo il primo modello ma l’azienda sta sviluppando versioni più evolute e per il 2016 è prevista una protesi con 240 elettrodi, cioè una densità quattro volte migliore di quella che impiantiamo oggi e questo permetterà quindi di estendere il campo di applicazione anche a pazienti che hanno una vista migliore rispetto a coloro che sono adesso candidabili all’intervento.

Le speranze però non si fermano a questo impianto, più o meno in contemporanea con questo straordinario annuncio un’altra bella novità è venuta dalla ricerca, anche in questo caso italiana. Alcuni ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia finanziati da Telethon hanno dimostrato l’efficacia di un dispositivo fotovoltaico in grado di restituire la sensibilità alla luce a retine prive di fotorecettori. (clicca qui per ulteriori informazioni). Per ora questo studio è stato condotto solo su mammiferi non umani, modelli sperimentali di malattie degenerative della retina, quali la retinite pigmentosa o la degenerazione maculare e servirà dunque del tempo e ulteriori messe a punto sugli animali per arrivare, poi, alla sperimentazione sull’uomo.

Bisognerà dunque attendere ancora ma alcuni – anche se solo una piccola parte di tutti quelli che ne avrebbero bisogno – potranno intanto beneficiare della retina artificiale già sperimentata sull’uomo e delle sue successive evoluzioni. Altri potranno poi sperare nella ricerca farmacologica: studia ancora solo sugli animali e sperimentazioni già in corso sull’uomo non mancano. Si va da colliri già in fase di sperimentazione sull’uomo per la cheratite neutrofica (clicca qui) alle sperimentazione condotta al Gemelli di Roma per la malattia di Stargardt (clicca qui) fino – ma qui si parla solo di una sperimentazione ancora a livello di base sugli animali – a trattamenti a base di cellule staminali pluripotenti indotte ed altri fondati sulla terapia

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