Salute

Due progetti per la fibrosi polmonare idiopatica

Il papà di Giovanna alla fine degli anni ’70 scoprì di avere la fibrosi polmonare idiopatica (IPF) una malattia rara del polmone che poco a poco toglie la capacità di respirare: a lui i medici dissero che non c’era nulla da fare. Quasi nessuno ne aveva mai sentito parlare, terapie non c’erano e associazioni a cui rivolgersi nemmeno. Negli anni ’90 a Giovanna fu diagnosticata la stessa malattia. Per lei è andata meglio: da 10 anni vive con un polmone nuovo. Era l’unica chance perché anche 10 anni fa terapie non c’erano. Oggi le cose sono cambiate, chi riceve una diagnosi di IPF – pur dovendo far comunque fronte ad una malattia grave – ha tutta una serie di armi in più, sia per combattere la malattia che per viverla fuori dall’isolamento.

Il papà di Giovanna alla fine degli anni ’70 scoprì di avere la fibrosi polmonare idiopatica (IPF) una malattia rara del polmone che poco a poco toglie la capacità di respirare: a lui i medici dissero che non c’era nulla da fare. Quasi nessuno ne aveva mai sentito parlare, terapie non c’erano e associazioni a cui rivolgersi nemmeno. Negli anni ’90 a Giovanna fu diagnosticata la stessa malattia. Per lei è andata meglio: da 10 anni vive con un polmone nuovo. Era l’unica chance perché anche 10 anni fa terapie non c’erano. Oggi le cose sono cambiate, chi riceve una diagnosi di IPF – pur dovendo far comunque fronte ad una malattia grave – ha tutta una serie di armi in più, sia per combattere la malattia che per viverla fuori dall’isolamento.

Alla prima terapia farmacologica, il pirfenidone (Esbriet) di InterMune, entrato sul mercato italiano i primi di luglio dopo una lunghissima attesa da parte dei pazienti, si aggiungono infatti una serie di novità rivolte ai pazienti, alle loro famiglie e anche alla classe medica. Insieme all’arrivo del farmaco sono stati avviati infatti due progetti: IPF Care, che è un servizio di assistenza domiciliare gratuito, e PerFect un network telematico tra una cinquantina di pneumologie italiane che servirà a creare una rete per la corretta diagnosi.

Gruppo San Donato

Il progetto IPF Care mette a disposizione dei pazienti che vogliano usufruirne degli infermieri formati sulla malattia. Insieme al medico e alla famiglia verrà stabilito un piano personalizzato di visite, l’infermiere farà da collante tra il medico e il paziente, controllerà che il farmaco non abbia effetti indesiderati e potrà aiutare anche a predisporre l’ambiente domestico in modo che chi usa l’ossigeno o ha comunque difficoltà a compiere sforzi, abbia una vita più semplice possibile.

Con il progetto PerFect si intende, invece, agire sui ritardi e le difficoltà della diagnosi: dare precocemente un nome alla malattia è fondamentale ma ancora oggi tanti pazienti vanno incontro a diagnosi errate. Grazie alla rete telematica messa a disposizione da questo progetto le varie pneumologie potranno scambiarsi le tac dei pazienti e i centri meno esperti o mancanti di alcune professionalità potranno chiedere il parere di quelli più esperti. Il tutto senza che il paziente debba subire il disagio, e anche il costo, di uno spostamento.

Questi servizi, uniti alle attività sempre più frequenti delle numerose associazioni pazienti che stanno nascendo intorno a questa malattia, fanno sì che il paziente da orfano di terapie e di aiuti abbia intorno a se tutto un sistema di sostegno: certo manca ancora la cura definitiva di questo male ma si può dire che in poco più di 30 anni il panorama e le prospettive sono del tutto cambiate. La speranza è che quanto avvenuto per la IPF possa essere da modello per altre patologie che sono ancora del tutto nell’ombra.

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