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Elisabetta Dejana ha vinto il Grand Prix Scientifique

La scienziata italiana ha vinto uno dei premi più prestigiosi al mondo grazie alle sue ricerche sui cavernomi cerebrali.

«I premi sono importanti soprattutto perché danno la possibilità di continuare la ricerca». Parla così Elisabetta Dejana, scienziata dell’IFOM e dell’Università di Milano, insignita a Parigi, del Grand Prix Scientifique 2016, uno dei riconoscimenti più prestigiosi di tutto il mondo, assegnato dall’Institut de France.

L’équipe di Elisabetta Dejana è vicinissima a una terapia farmacologica per curare i cavernomi cerebrali, una malformazione dei vasi cerebrali, di origine familiare o sporadica, caratterizzata dalla formazione di agglomerati di vasi sanguigni abnormemente dilatati e fragili, chiamati ‘caverne’, che possono manifestarsi con emorragie intracerebrali, deficit neurologici, crisi epilettiche e mal di testa ricorrenti.

Gruppo San Donato

«I pazienti formano delle malformazioni dei vasi cerebrali che assomigliano a dei lampioni – spiega Dejana – Il vaso che in genere ha una struttura tubolare, in alcune zone comincia a prendere la forma proprio del frutto, con tanti lumi vascolari. Sono malformazioni fragili. Se ne possono formare anche cinque all’anno e non regrediscono. Ogni volta che sanguinano ci sono diversi problemi che vanno da crisi epilettiche, piccole paralisi, problemi nella parola fino a emorragia cerebrale che è mortale nell’80% dei casi».

«Accanto a queste forme familiari considerate rare – dice Elisabetta Dejana – ci sono anche forme sporadiche. In questo caso la malattia non è prevedibile e il problema è che può essere in una zona del cervello molto delicata. È piuttosto frequente, visto che colpisce una persona su duecento. Può comparire a qualsiasi età. Era successo due anni fa al calciatore della Roma Castan, che poi si è salvato, mentre alla campionessa olimpica americana Florence Griffith era andata peggio: sola in casa, ha avuto un’emorragia cerebrale a causa della rottura del cavernoma. Quelli familiari sono più facilmente identificabili, perché sappiamo che si ha una mutazione genetica.

Quali sono i sintomi?
Possono essere o crisi epilettiche o fortissimi mal di testa, invincibili. Ancora si possono avere piccole paralisi. Ormai se uno manifesta una crisi epilettica viene fatta subito una risonanza magnetica e si capisce subito cos’ha.

Qual è la terapia?
La cura possibile finora è la chirurgia. Nella forma ereditaria è drammatica: perché essendo una malattia recidiva si è costretti a intervenire chirurgicamente ogni volta. Ci sono pazienti che devono sottoporsi a intervento anche ogni due anni. Le forme sporadiche sono accidentali e quindi normalmente si ha un solo caso nella vita. Tuttavia se il cavernoma è in una zona profonda del cervello ci possono essere inconvenienti anche molto gravi.

La possibilità di avere un farmaco in grado di fermare e far regredire il cavernoma è quindi determinante. Ci sono anche molti gruppi di scienziati oltre al mio che stanno lavorando alla cura farmacologica. Per il momento la sperimentazione sugli animali è andata molto bene.

Abbiamo identificato un farmaco molto attivo e a questo punto abbiamo già i finanziamenti per poter andare avanti.

Quando potrà essere a disposizione dei pazienti?
Un anno se siamo molto ottimisti. Due se vogliamo essere ragionevoli. Ovviamente se non ci sono intoppi. A questo livello c’è una concomitanza tra ricerca scientifica e burocrazia. Bisogna però non essere troppo ottimisti, perché per i pazienti è vitale avere un farmaco e quindi è giusto essere seri. La terapia farmacologica come è evidente cambierebbe in molto meglio la loro qualità della vita. Sono anche molto amica di tanti pazienti e soffro con loro.

Francesco Bianco

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