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Ilenia Lazzarin: «Avevo un ginocchio gonfio: un mese con le stampelle»

«Dopo una caduta sullo snowboard mi sono ripresa in poco tempo: il dolore era sparito e me ne sono andata al Polo Nord. In primavera, però, sono stata costretta a non appoggiare il piede per 45 giorni»

Dovevo fare l’ultima discesa e tornare in albergo, invece mi sono trovata al pronto soccorso con un ginocchio gonfio e dolorante. Era il 27 dicembre 2016 e mi trovavo a Sestriere, in Piemonte, a sciare con il mio fidanzato. Dopo una mattinata storta in cui perdo il cellulare, decido di pranzare e rientrare da sola in albergo, un po’ di cattivo umore. Mentre scendo dall’ultima pista col mio snowboard, che uso da quando ho 15 anni, all’improvviso faccio un movimento strano con la gamba, pur rimanendo dritta sul rettilineo, e vedo il ginocchio girarsi verso l’interno in modo innaturale.

Mi hanno subito soccorsa

Immediatamente mi fermo e lo rimetto al suo posto con le mani: non avverto dolore. Il male arriva non appena stacco la tavola per incamminarmi a piedi, allora mi fermo e cerco aiuto. Nel giro di poco tempo arrivano i soccorsi con la barella e mi portano in ambulanza al centro traumatologico di Sestriere. Nel frattempo, però, il ginocchio si era già gonfiato molto e quindi decidono di rimandare la risonanza magnetica. Così mi mettono del ghiaccio e mi raccomandano di fare l’esame non appena la gamba si sarà sgonfiata.

Gruppo San Donato

Ho rimandato a lungo

Oggi so che avrei dovuto fare subito quell’esame, per scoprire che mi ero procurata una frattura, e so anche che il dolore che percepivo era probabilmente inferiore a quello effettivo (il dottore mi ha spiegato che ho una soglia piuttosto alta della percezione dolorosa), ma in quei momenti non potevo saperlo. Così, nei giorni successivi all’incidente, quando il dolore al ginocchio è ormai passato, non prendo in considerazione la possibilità di rimandare il viaggio che avevo prenotato per il Polo Nord, alle isole Svalbard, per vedere
l’aurora boreale, e decollo senza aver fatto alcun esame. In vacanza faccio escursioni sulla neve in slitta e motoslitta e cammino, ma fisicamente mi rendo conto che c’è qualcosa che non va.

Alla fine mi decido a fare la risonanza

Una volta tornata in Italia, a Napoli, prenoto subito la risonanza magnetica e, tra un’attesa e l’altra, i risultati arrivano a fine gennaio, più di un mese dopo l’incidente. La diagnosi è immediata: frattura del piatto tibiale del ginocchio. Con la lastra alla mano, il medico di base mi consiglia di andare da un ortopedico, ma, essendo passato del tempo, il ginocchio poteva anche essere guarito da solo. Non sentendo dolore, decido di non andarci. Dopo un mesetto, però, il male arriva: non riesco a camminare, il ginocchio si gonfia continuamente e devo mettere il ghiaccio tutti i giorni. A quel punto decido di farmi visitare da uno specialista, che non appena vede il mio ginocchio mi ordina di stare immobile per un mese e mezzo. Niente gesso, ma stampelle, antidolorifici e antinfiammatori: per evitare di caricare il piatto tibiale fratturato non posso appoggiare il piede.

Giravo le scene seduta, senza muovermi

A ripensarci adesso, ammetto che l’immobilità mi è pesata, più da un punto di vista sociale che lavorativo. Le troupe de Il contadino cerca moglie e di Un posto al sole, con cui avevo degli impegni proprio quella primavera, sono state molto disponibili e mi hanno permesso di girare alcune scene da seduta, senza muovermi. Nel resto della giornata, invece, non potevo fare nulla e per me, che sono una ragazza dinamica e abituata a fare sport, non è stato semplice. Durante il mese e mezzo di immobilità ho fatto delle visite di controllo dall’ortopedico per monitorare lo stato del mio ginocchio.

Nessuna lesione ai legamenti, per fortuna!

Sono stata fortunata: il legamento non si è spezzato. Una volta concluso il periodo di immobilità, a metà aprile, ho iniziato con la fisioterapia due-tre volte a settimana. Finalmente tornavo a fare un po’ di movimento con degli esercizi in acqua per riscaldare e allenare la gamba: avendo un fisico sportivo, i miei muscoli ne hanno beneficiato perché nel periodo di stop si erano del tutto afflosciati.

Ho appeso la tavola al chiodo, per ora

Dopo questo percorso, e nonostante i ritardi, la frattura si è risolta nel modo migliore e io sono tornata a stare bene. A distanza di più di un anno potrei anche tornare sulle piste, ma per ora ho deciso di «appendere la tavola da snow al chiodo». Anche se è stato un incidente banale e non dovuto a spericolatezza, ho messo a repentaglio il mio lavoro, che per me è la cosa più importante. Non vorrei rischiare di nuovo.

Ilenia Lazzarin (testimonianza raccolta per OK Salute e Benessere)

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