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Cardinale Martini: anch’io porto in spalla la mia croce

Così l'ex-arcivescovo di Milano raccontava il suo Parkinson nel 2006 a OK

Mi sono accorto di avere il Parkinson 10-12 anni fa. Furono le persone intorno a me a notare movimenti del braccio che non riuscivo a dominare. A quel punto mi sottoposi a una visita e fu stabilita una prima serie di medicine. Via via le cose si delinearono meglio, fino a che sono arrivato al Centro per la cura del Parkinson di Milano. I primi sintomi sono stati proprio quel tremore al braccio e poi alla gamba. Era fastidioso, soprattutto se dovevo parlare in pubblico, e di notte si manifestava anche una dolorosa rigidità delle gambe. Adesso mi pare che questo aspetto della malattia sia sotto controllo, fatta eccezione per quando sono stressato. Però sono arrivati fenomeni di discinesia, di difficoltà a camminare. Così non sono in grado di sapere in anticipo se sarò in condizione di muovermi in maniera sciolta e se invece mi troverò bloccato o quasi. Ma nel complesso non va male.

La dimostrazione è che riesco a lavorare. Per esempio, ho appena concluso un lavoro impegnativo: cinque giorni di predicazione e di esercizi spirituali con un gruppo di preti, vicino a Reggio Emilia.
Con due conferenze ogni giorno, una celebrazione eucaristica con omelia e poi colloqui continui durante gli intervalli e incontri in serata… Certo, alla sera ero parecchio stanco ma ce l’ho fatta. Ammetto che avevo sempre un po’ paura: quando cominciavo a parlare mi chiedevo: “Avrò il fiato? Avrò l’equilibrio?”. Poi tutto andava bene. Questo significa che ci vuole anche un po’ di coraggio.

Gruppo San Donato

Le mie lunghe camminate a Gerusalemme
Quando mi metto a lavorare intensamente, ecco che dopo mezz’ora devo riposare. Quindi è necessario che io calcoli diversamente il tempo rispetto a tre-quattro anni fa, quando ero responsabile della diocesi di Milano. Oggi non sarei più in grado di affrontare un impegno simile. Devo alternare lavoro e riposo nell’arco della giornata. Cerco di fare molto esercizio fisico.
Ogni settimana, a Gerusalemme, mi sottopongo a una seduta di fisioterapia e faccio camminate. Dovrei riuscire a fare cinquemila passi al giorno e per non sbagliarmi ho il contapassi. In realtà non sempre rispetto l’impegno, ma poi recupero.
Comunque, ho stabilito un programma di massima. Il lunedì mattina faccio due o tre ore di passeggio: ci sono posti molto belli dove si può andare a camminare sia in piano sia in leggera salita. Al sabato mattina vado al giardino della Knesset, che è molto verde e tranquillo; al giovedì mi reco al mare, sul Mediterraneo… A volte mi faccio condurre fino al Mar Morto, soprattutto in inverno. Negli altri giorni cerco sempre di passeggiare per 20-30 minuti.

Spesso incominciare la giornata è faticoso
Non è sempre facile. Spesso incominciare è faticoso. Il primo passo è un ostacolo, ma quando ho preso il ritmo riesco ad andare avanti. Ognuno poi crea i suoi piccoli trucchi, perché, specie con l’età avanzata, tutto diventa più difficile e bisogna imparare a sfruttare gli appoggi che ci sono, anche quelli non visibili: è come quando uno guarda la parete di una montagna che sembra liscia e poi da vicino vede mille appigli, e si arrampica. Così è nelle case: non si vedono, ma ci sono i punti di appoggio. Ed è utilissima la musica.

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Certe musiche mi danno tono, mi danno facilità a muovermi, facilità a camminare, facilità anche a compiere certi gesti: mi aiutano a prendere l’abbrivio, a fare il primo passo, che per noi parkinsoniani è un vero problema.
Io mi affido alla musica di Mozart perché è un perfetto connubio tra ritmo e melodia: il ritmo mi dà il tempo per il movimento e la melodia la continuità.

Per quanto riguarda il regime alimentare, ne seguo uno molto rigoroso, con qualche rarissima trasgressione che però resta nascosta. È una dieta dove non ci sono proteine animali a mezzogiorno ma solo alla sera, per facilitare l’azione dei farmaci, che prendo ogni tre ore. Qualche volta mi dimentico, perché sono impegnato nel lavoro, e inevitabilmente mi accorgo che qualche cosa non va perché comincio a tremare: è il mio corpo che mi avverte. Ormai, la notte, dormo a intervalli di due ore In sostanza, la mia vita è abbastanza normale.

La difficoltà di deambulazione non mi ha mai impedito di mantenere gli impegni che mi ero fissato, perché con un po’ di buona volontà riesco a muovermi quanto basta e non ho mai dovuto rinunciare a nessun appuntamento a causa di una improvvisa difficoltà dovuta alla malattia. Anche se debbo regolarmi molto bene nell’assumere gli impegni: per esempio, non accetto più viaggi intercontinentali che implicano cambiamenti di fuso orario, perché mi accorgo che per me sarebbe troppo faticoso. Così pure non accetto di tenere conferenze a più di una cinquantina di persone perché quando c’è un pubblico numeroso si è molto stimolati e non so se riuscirei a reggere, soprattutto per il fiato.

In ogni caso faccio molte cose. Porto avanti i miei studi e tengo in esercizio continuo la memoria e la mente. Anche di notte mi trovo abbastanza bene. All’inizio, come dicevo, avevo rigidità agli arti, poi con i medicinali adatti la notte è diventata più tranquilla. Dormo a intervalli di due ore fino a svegliarmi definitivamente alle quattro e mezzo di mattina. Mi va bene, nelle mie condizioni ci si mette più tempo a prepararsi e quindi è meglio alzarsi presto ed essere pronti a cominciare la giornata con le prime pastiglie, quelle delle sei. Nel pomeriggio mi concedo una pennichella. Alla sera sono molto stanco e tra le nove e 30 e le dieci mi ritiro: non riesco più a gestire gli impegni oltre una certa ora.
Una volta accumulavo lavori su lavori senza preoccuparmi, adesso sono attento nel cercare di distribuire gli sforzi, e questo non mi causa sensi di colpa. Si tratta di organizzare il tempo e non mi amareggio se impiego il doppio per fare certe cose o se devo sospendere il lavoro e camminare.

Nella giornata, lo ammetto, ho momenti un po’ difficili, per esempio dalle 15 alle 17 e 30. Arriva il nervosismo, e a volte al mattino anche l’ansia, perché al risveglio devo stare attento a non cadere. Allora eseguo alcuni esercizi per l’equilibrio: mi è stato insegnato a fare i passi lunghi e a muovere molto le braccia… Ma non c’è vera depressione, anche perché ho sempre impegni importanti da rispettare, che mi stimolano moltissimo. È fondamentale.
Cardinal Carlo Maria Martini (confessione raccolta da Alberto Paleari nel gennaio 2006 per OK La salute prima di tutto)

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