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Quando il bambino è un genio

Avere un’intelligenza superiore alla media non è sempre garanzia di buoni voti a scuola e successo. Crescere i plusdotati può non essere semplice: spesso scambiati per iperattivi o rompiscatole,hanno più difficoltà con relazioni ed emotività. Ecco una guida per i genitori

Se la maggior parte delle persone è nella media, il 6,5% raggiunge la fascia dell’alto potenziale cognitivo: sono molto intelligenti. Sfondato il limite di 130 del QI si parla di plusdotati. Dal potenziale straordinario, sono il 2,5% della popolazione. Non così rari, quindi: su due classi di 20 alunni può esserci un bambino iperdotato. Il fatto è che
spesso viene frainteso. Il classico genio incompreso, insomma.

Un dono dalla nascita

A livello anatomico, l’iperdotazione non pesa granché: nessuna area cerebrale più sviluppata, nessuna attività fenomenale tracciabile da esami spia. Alcuni studi di neuroscienze hanno rilevato nel cervello di questi bambini e ragazzi una potenziata attività elettrica e metabolica dei neuroni durante il ragionamento, così come sembra diverso l’utilizzo degli emisferi cerebrali.

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«Una caratteristica peculiare è l’asincronia dello sviluppo, i plusdotati hanno uno
sviluppo cognitivo superiore rispetto ai coetanei», spiega Maria Assunta Zanetti, direttrice del LabTalento dell’Università di Pavia, dove si fa ricerca e si accolgono i plusdotati. «Bambini e ragazzi, quindi, hanno emozioni e bisogni diversi, faticano a stare con i compagni proprio perché non condividono lo stesso potenziale cognitivo».

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Un dono difficile

Gifted, o plusdotati, si nasce. Come sottolinea il termine inglese, il «gift» è un dono, anche se spesso scomodo da gestire. Sono chiamati geni, fenomeni, da loro ci si aspettano acrobazie come fare di conto a tempo record o suonare uno strumento in modo sublime, ma non è scontato che le sappiano fare. La plusdotazione è un mosaico complesso, i cui tasselli vanno allineati con l’attenta valutazione di psicologi, psichiatri e l’aiuto di famiglie e insegnanti.

«Questi bambini manifestano l’altissimo potenziale in molti modi», spiega Zanetti. «Di solito, oltre all’abilità intellettiva generale, si differenziano dai coetanei per una specifica attitudine scolastica, pensiero creativo, capacità di leadership, arti visive e dello spettacolo, abilità motoria». Il tratto comune a tutti gli iperdotati: la capacità di ragionare oltre gli schemi.23

Che noia la scuola! 

Per i «piccoli geni» la vita è un enorme laboratorio in cui divertirsi a costruire, inventare, creare. Purché siano lasciati liberi di sperimentarsi. Palcoscenico ideale per intercettare un plusdotato è, in genere, la scuola. Indizio chiave, la noia. «Questi bambini si trovano a ripetere numerose volte la stessa cosa quando l’hanno già compresa dal primo momento. Si annoiano perché le lezioni vanno a velocità inferiore rispetto alla rapidità del loro apprendimento», sottolinea Federica Mormando, psichiatra e responsabile per l’Italia di Eurotalent, no-profit che offre anche consulenza a genitori spiazzati di fronte alla genialità del figlio.

Difficile gestire un bambino genio

«Cosa fa un bambino che si annoia? Alza la mano, interrompe la maestra oppure si ritira in un mondo di fantasia, fa disegnini durante la lezione per occupare la mente e per questo viene sgridato. Molti assumono un atteggiamento considerato oppositivo-provocatorio, ma non lo è. Hanno uno spiccato pensiero critico, talvolta correggono ciò che dice l’insegnante solo perché si rendono conto che è inadeguato».

Scambiati per svogliati o, peggio, affetti da ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività), i plusdotati si abituano presto ai compiti troppo facili e non imparano a studiare. Si mettono in stand by, aspettando che i compagni recuperino il passo. A volte finiscono per saperne meno dei coetanei, un paradosso.

«Presto o tardi arriva il punto di svolta. Si trovano di fronte a qualcosa che non riescono a fare o comprendere immediatamente», prosegue la psichiatra. «Ma non essendo abituati a far fatica si scoraggiano molto più degli altri».

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Non sprecare le potenzialità  

Beati i meno dotati, verrebbe da dire. Nell’ironia c’è un briciolo di verità. Se non stimolati, i plusdotati sono come piante senza giusta acqua né luce: crescono lo stesso, ma non come dovrebbero. Molti gifted hanno una spiccata emotività ed empatia, fonte
di fragilità.

Per questo, riportano gli studi clinici, alcuni ragazzi sfogano il mancato riconoscimento da parte di insegnanti e genitori in disinteresse verso lo studio, circuiti d’ansia e depressione, nei casi più estremi si ficcano in situazioni pericolose. Rischiano di perdersi. E la società di sprecare una preziosa risorsa. «Il problema è che gli insegnanti incasellano questi bambini come difficili da gestire. Dobbiamo aiutarli a conoscere e soprattutto a non giudicare», puntualizza Zanetti che con il suo team offre anche formazione agli insegnanti e propone piani didattici ad hoc per includere questi bambini nella classe, dando loro compiti più sfidanti.

«Dopo vent’anni di ricerche, i bisogni educativi speciali degli studenti ad alto potenziale sono stati ufficialmente riconosciuti ed esposti nelle raccomandazioni del consiglio d’Europa». Nel caos scuola, le cose stanno migliorando anche in Italia, ma con lentezza.

Che adulti saranno?

Nonostante le difficoltà, i bambini super-intelligenti imparano a cavarsela. «Magari con qualche ansia in più», spiega Serena, 36 anni e 152 di QI, alunna della prima e unica scuola italiana per «geni», attiva a Milano dall’84 al ’94. «La mattina non vedevamo
l’ora di andarci, avevamo la libertà di approfondire le materie. Poi alle medie sono tornata alla scuola pubblica: mi dissero che ero dislessica e che non avrei mai potuto studiare materie scientifiche». Oggi, invece, con una laurea in biologia molecolare e
genetica fa ricerca sull’HIV.

Non tutti avranno successo 

Molti genitori danno per scontato che avere un QI da primato apra la strada al successo. «È il contrario», sottolinea Mormando alla luce della sua esperienza di bambina prodigio. «Le strade per raggiungerlo sono altre, si deve avere il plauso di persone meno dotate di te e investirci tempo: l’iperdotato si annoia anche in questo».

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Più importante la fiducia in se stessi e l’ambiente favorevole

Non è il QI a tracciare il destino. Per questo chi si occupa di plusdotati si concentra sull’educazione e l’incoraggiamento. Come per qualsiasi altro bambino. «Per raggiungere i traguardi contano di più la fiducia in se stessi, l’entusiasmo, l’ambiente favorevole».

Fondamentale perseverare

Non serve un QI da record ma 18.000 ore: tante tra esercizi e studio per raggiungere la perfezione in campo musicale. A stabilire che contano più perseveranza e dedizione dell’orecchio assoluto è uno studio italiano dell’Università Bicocca di Milano, pubblicato dalla rivista Frontiers in Auditory Cognitive Neuroscience. Il cervello dei violinisti, hanno osservato i ricercatori, riesce a ricordare milioni di variazioni musicali solo dopo anni di studio. Lo sa bene il cinese Lang Lang (nella foto), diventato uno dei più noti pianisti al mondo a soli 18 anni. Per essere il numero uno, racconta nella sua biografia, dall’età di tre anni ogni giorno passava fino 12 ore al pianoforte, cibo razionato dal padre despota e solo mezz’ora di cartoni animati.

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Come si misura il QI?

Il 70% della popolazione mondiale ha un quoziente d’intelligenza, detto QI, compreso tra 85 e 115. Ma come si misura? Attraverso una serie di domande, stima le abilità logico-verbali. Ma da solo non basta a stabilire l’intelligenza di una persona, costituita anche da aspetti emotivi, relazionali, creatività che devono essere valutate da esperti attraverso dei colloqui.

Il test del QI cambia da un Paese all’altro, calato nel contesto socio-culturale e adattato alla fascia di età, bambini o adulti. In Italia non viene fatto nelle scuole.

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