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Pet therapy, un aiuto a quattro zampe per i più piccoli

Si chiamano Polpetta, Budino, Gioia, Muffin e Galileo e sono gli assistenti speciali presso l’ospedale pediatrico Meyer di Firenze: tre meticci e due cani di razza che aiutano i bambini ad affrontare, quotidianamente, la vita ospedaliera.

La per therapy, o più correttamente gli “interventi assistiti con gli animali”, rientra nelle discipline del Progetto Gioco dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze. Un ventaglio di attività creative (laboratori in ortogiardino, gioco e teatro in ludoteca e direttamente nelle stanze) pensate per rendere più piacevole e meno doloroso il tempo per i giovani pazienti. Abbiamo approfondito il tema degli interventi assistiti con gli animali con la specialista in Pet therapy  Francesca Mugnai, presidente di Antropozoa, l’associazione che da 14 anni opera presso il Meyer.

Ci racconti una classica giornata in reparto…

Sono numerose le situazioni in cui i cani assistono, dando conforto, i piccoli pazienti. Gli esami di routine, come ad esempio radiografie o prelievi del sangue, fanno meno paura se al loro fianco i bambini trovano un animale con il quale si è creato un rapporto stretto e di amicizia. Stesso discorso per esami più impegnativi come tac o risonanza magnetica. L’attenzione si sposta sull’animale, che crea una dimensione di protezione per il bambino. Nei reparti di lunga degenza i bambini sono sottoposti quotidianamente a controlli, l’amico a quattro zampe li aiuta a ridurre lo stress, a recuperare una quotidianità che avevano dimenticato.
Quando si deve compiere un intervento a livello motorio, la pet therapy è di grande aiuto e serve per motivare il bambino. «Oggi Polpetta ha mangiato troppo e deve muoversi un po’, l’accompagniamo insieme?». In questo caso il bambino s’identifica con i bisogni del cane e sarà spinto a soddisfarli, mentre in realtà aiuta se stesso.
Anche dopo le dimissioni, il legame tra bambino e cane continua nel tempo. Quando devono tornare per controlli o esami di routine, chiedono specificatamente di essere accompagnati dai loro amici a quattro zampe. Molti concordano la visita negli orari in cui sanno di poterli trovare, perché si è instaurato un rapporto di fiducia reciproca.

Gruppo San Donato

I primi passi di quest’amicizia?

Tutto si basa sulla relazione bambino-animale, ma non bisogna dimenticare i genitori, che sono in una dimensione di protezione nei confronti dei figli e hanno un ruolo fondamentale per creare un’alleanza emotiva con il cane. Il primo approccio è molto delicato. L’animale non va mai imposto, ma presentato con gentilezza, devono essere rispettati i tempi di osservazione e di avvicinamento. In linea di massima, comunque, tutto avviene in maniera molto naturale e istintiva. I bambini sono naturalmente attratti dagli animali e da subito riescono a comunicare con loro, anche quelli che non ne hanno mai avuto uno, e a creare complicità.
Un cane esperto riconosce come si sente un bambino e che cosa vuole da lui, se vuole giocare o camminare o se ha bisogno di coccole. La proposizione deve sempre partire dal bambino, l’animale aspetta paziente e si comporta di conseguenza.

Quali sono i benefici?

L’animale è la mediazione emotiva per ridurre il dolore, sia fisico, sia emotivo. L’identificazione con il cane aiuta il bambino a esprimere i propri bisogni e paure: «Budino ha male alla zampa, Gioia ha sete» sono modi per comunicare i propri stati d’animo.
Uno studio recente, di prossima pubblicazione, ha dimostrato che durante la risonanza magnetica, la presenza di un animale riduce la percezione del dolore. Spesso, a distanza di tempo, molti bambini che si sono risvegliati dal coma hanno detto che il primo ricordo di cui hanno memoria, è il muso del cane accanto al loro letto.
Nei pazienti ricoverati in oncologia, la pet therapy funge da antidepressivo. Il bambino è come intrappolato nella malattia e la presenza del cane aiuta a spostare la paura e a buttarla fuori, a parlarne. A esprimerla. Il bambino riesce a comunicare un dolore attraverso un mediatore: il cane.
La più grande soddisfazione è quando, dopo l’esperienza positiva con la pet therapy, la famiglia decide di far entrare nella propria vita un animale e adotta un cane, spesso a seguito delle richieste del bambino.

Quali caratteristiche deve possedere un cane da pet therapy per poter “lavorare” in un ospedale pediatrico?

Su cento cani, soltanto 6 o 7 possono essere impiegati nella pet therapy. Il cane ideale deve possedere doti innate come la socievolezza, la grande curiosità e un ottimo autocontrollo. È affidabile, semplice e lineare e deve trasmettere sicurezza.
A queste caratteristiche si affianca un periodo di rieducazione: dall’età di 8 mesi i cani iniziano a prendere familiarità con l’ambiente dell’ospedale che è ricco di stimoli olfattivi, sonori e ormonali. Tutto questo crea confusione emotiva in un animale.
Secondo le proprie inclinazioni, ogni esemplare è adatto a un certo reparto. Gioia, una labrador Retriever di 9 anni, anche per le sue caratteristiche fisiche (è di taglia medio-grande) è perfetta per il recupero motorio; Budino invece, un meticcio di taglia piccola a pelo corto, è un amico inseparabile dei piccoli pazienti disabili dell’ambulatorio dentistico nel reparto di odontostomatologia. Polpetta si occupa dei bambini del Pronto Soccorso, dove c’è bisogno di un contatto fisico, mentre Muffin assiste in pediatria. Infine Galileo, un Flat Retriever di appena due anni, porta ventate di allegria nel reparto di lunga degenza di Neuroncologia.

I cani ovviamente sono ‘sicuri’ anche dal punto di vista igienico-sanitario. Ma possono entrare in tutti i reparti?

Grazie a un adeguato protocollo igienico sanitario sono state superate negli anni alcune iniziali barriere culturali e diffidenze verso l’introduzione dei cani in ospedale. Gli animali sono sottoposti a regolari controlli igienico-sanitari e sono selezionati tra molti esemplari per operare in un contesto delicato come quello ospedaliero pediatrico.
La pet therapy in ospedale concilia l’aspetto umanistico e sanitario. L’assistenza si svolge all’interno del 90 per cento dei reparti, inclusi i più delicati come la rianimazione e l’oncologia. Sono pochi i settori in cui gli animali non possono entrare: ad esempio il reparto dei trapianti, dove è in atto una situazione di immuno depressione nel paziente.
La collaborazione con il Meyer della nostra équipe di operatori e veterinari è consolidata da anni. I nostri cani visitano i reparti tre volte la settimana e sono sempre affiancati da operatori specializzati nel campo della psicologia e della relazione di aiuto, inoltre gli animali sono valutati a livello comportamentale: questo per garantire lo svolgimento corretto della terapia.

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