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Denti da latte: vanno curati anche se cadranno

Il fatto che verranno sostituiti da quelli permanenti non deve far pensare che siano poco importanti. Ecco i consigli dello specialista.

C’è chi aspetta il topolino e chi non vede l’ora che arrivi la fatina. Quando i primi denti da latte iniziano a cadere, i bambini si trovano di fronte a un evento nuovo, particolare, una sorta di metamorfosi. Ad accompagnarli in questo piccolo passo verso l’età adulta (che spesso fa anche un po’ male) subentrano personaggi fiabeschi che compensano la perdita del dentino lasciando una moneta o un regalo sotto il cuscino. Ma non sempre le storie dei denti da latte hanno un lieto fine. A causa della genetica oppure di genitori disattenti, possono insorgere dei problemi. Quando la colpa è delle mamme e dei papà, a mancare è la prevenzione. E anche se i denti decidui finiranno per essere sostituiti, non significa che vadano curati meno di quelli permanenti. Soprattutto, vanno anche controllati: gli esperti consigliano una prima visita intorno ai tre anni e ricordano che esiste uno specialista apposta per loro, il pedodontista.

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La prevenzione: igiene orale

«Le malattie dei denti sono prevedibili ed evitabili educando i bambini a tre comportamenti corretti» spiega Maurizio Rosmarini, medico esperto in odontoiatria per l’infanzia. «Il primo è l’igiene orale: pulizia delle gengive con garzine sterili nel neonato, passaggio allo spazzolino con i primi dentini e poi, crescendo, dentifricio, anche al fluoro, e filo interdentale». L’utilizzo del fluoro è raccomandato dal ministero della Salute, in quanto promuove un buono sviluppo dei denti e riduce il rischio di danni allo smalto contrastando l’acidità del cavo orale. Sulla relazione tra discromie dello smalto e assunzione eccessiva di fluoro, l’esperto invita a cautela: «È solo un’ipotesi, nessuno lo hai mai dimostrato». Ecco qualche consiglio per prevenire le carie.

La prevenzione: igiene alimentare

Il secondo comportamento riguarda l’igiene alimentare. «Un’alimentazione corretta riduce drasticamente il rischio di carie. L’acquisto esagerato di dolci, l’utilizzo di succhiotti e biberon con miele o zucchero, il consumo di succhi e bevande edulcorate rappresentano il terreno ideale per lo sviluppo delle malattie dei denti, della bocca e dell’organismo». Un discorso a parte va fatto per i chewing-gum allo xilitolo, «che svolgono un’azione detersiva meccanica e lievemente batteriostatica. Non sostituiscono lo spazzolino, ma sono meglio dell’assenza di igiene orale che si verifica in alcune scuole». A confermare le virtù anti-carie dello xilitolo, utilizzato come dolcificante nelle gomme da masticare, uno studio condotto dall’odontoiatra Laura Strohmenger all’Università Statale di Milano nel 2017: se consumato regolarmente a basse dosi, riduce il rischio di carie fino al 30%. Nel mondo dell’alimentazione e dell’odontoiatria, la ricerca scientifica è orientata ora verso lo studio dei probiotici, cioè microrganismi vivi che apportano benefici alla salute dell’organismo che li assume e ospita. «Ne sono stati individuati alcuni», continua Rosmarini, «che svolgono un’azione antagonista nei confronti dei batteri responsabili delle carie, neutralizzandoli attraverso una ri-colonizzazione e un riequilibrio del patrimonio microbiologico della bocca».

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La prevenzione: igiene funzionale

Il terzo comportamento corretto per conservare la salute orale è, infine, l’igiene funzionale. «È rappresentata dall’educazione a respirazione, masticazione, deglutizione e postura corrette», spiega lo specialista. «La quasi totalità dei difetti alla bocca e ai denti, per i quali diventano poi necessari gli apparecchi correttivi, nasce da una disfunzione, cioè da un’azione abituale sbagliata: la funzione corretta impedisce l’insorgenza dei difetti e/o li limita considerevolmente».

La sigillatura

I denti più vulnerabili alle carie sono quei molari e premolari che fanno capolino a partire dalla prima elementare e che non vanno a sostituire alcun dente da latte, ma nascono in più. «A causa della loro conformazione anatomica, i primi molari permanenti, che nascono intorno ai sei anni, rappresentano il luogo ideale per l’accumulo dei resti di cibo e la conseguente proliferazione di batteri», spiega Rosmarini. Inoltre, «la superficie di questi denti e in particolare i solchi che li attraversano, rappresentano i terreni ideali per la proliferazione degli elementi cariogeni». Per scongiurare il rischio, pediatri e dentisti consigliano la sigillatura dei solchi, cioè «l’applicazione di uno smalto, una sorta di vernice sintetica che impedisce l’adesione dei batteri», spiega l’odontoiatra. «Solitamente si applica sui solchi dei molari permanenti che spuntano a partire dai sei anni, ma, se ci sono condizioni di rischio, viene consigliata anche sui molari da latte». Secondo una valutazione del ministero della Salute, l’effetto preventivo della sigillatura è dell’87,1% a tre anni dalla sua applicazione, del 76,3% a quatto anni e del 65% a nove. Come riportato in letteratura, si tratta di una procedura clinica semplice, non invasiva e sicura, ma nonostante questo ci sono alcuni dentisti che la considerano un business piuttosto che una vera esigenza.

Se serve si può anche devitalizzare

Nonostante le regole di prevenzione e l’attenzione che tutti i genitori dovrebbero avere, il quadro complessivo non è positivo. Secondo dati raccolti tra il 2004 e il 2005 e pubblicati dal Centro di collaborazione dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il 21,6% dei bimbi di quattro anni e il 43,1% di quelli di 12 soffre di carie ai denti. In questi casi, i genitori non devono dubitare: i denti cariati, anche se destinati a cadere, vanno curati. «Altrimenti si rischia un processo degenerativo che può evolvere in un’infezione grave», avverte Rosmarini. «Se a due anni si forma una carie, non si può aspettare che il dente da latte venga sostituito dal dente permanente. Deve essere curato». E, se il processo carioso interessa la polpa dentale, si può fare anche una devitalizzazione. L’ipotesi dell’estrazione si presenta solo nel caso ci sia un rischio infezione oppure se «il bambino ha dolore e ascessi ricorrenti e non curabili», specifica l’esperto. Per questo intervento si può utilizzare la perfrigerazione, un getto di cloruro di etilene con cui si raffredda la zona interessata in modo da anestetizzarla e non far sentire dolore al bimbo, «solo quando il dentino è prossimo alla permuta ed è sano. Se invece è lontano dalla permuta, si ricorre all’anestesia locale tradizionale». Nei denti da latte è scritta la salute di mamma e bambino

L’estrazione

L’estrazione di un dente di latte può creare uno spostamento dei denti vicini? «Estrarre un dente da latte può rappresentare un problema per lo spazio da conservare per i denti permanenti: togliendone uno, quello posteriore può scivolare in avanti, privando il futuro permanente di spazio. Ma di fronte a un rischio di infezione grave va assolutamente fatto», prosegue Rosmarini. Come si rimedia allo spazio vuoto? «Se il dente da latte è vicino alla permuta e non si corre il rischio di spostamenti, non si fa nulla, viceversa, se si presume che il dente permanente eromperà dopo molto tempo, è preferibile conservare lo spazio con un mantenitore, una sorta di apparecchietto che evita lo spostamento degli altri denti».

Sbiancamento ad hoc

Come succede nell’adulto, una cattiva igiene orale può anche causare l’ingiallimento dei denti da latte. Come si rimedia a questo problema? «Lo sbiancamento», precisa l’odontoiatra, «non è una pratica proponibile nell’infanzia. Se necessario, è possibile solo in dentizione permanente».

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Se cadono prima del tempo

Quando non ci sono problemi di prevenzione, il danno può farlo il caso. Una brutto capitombolo, dall’altalena, dalla bici o mentre si pratica sport, può accidentalmente provocare la caduta prematura di un dentino da latte. In questa eventualità, «si monitora la futura crescita del permanente», dice Rosmarini, «ma non viene applicata alcuna procedura protesica sui denti da latte». Tuttavia, se, come spesso accade, a cadere sono denti anteriori, come incisivi e canini permanenti (quindi dopo i sei anni), bisogna pensare anche al fattore estetico. «Il problema si risolve applicando un dente finto con due bracci laterali che si attaccano ai denti contigui senza rovinarli (Maryland bridge). L’obiettivo è impedire lo spostamento degli altri denti e garantire al paziente una vita di relazione normale durante l’adolescenza. Alla fine della crescita, dopo i 18 anni, si potrà intervenire in modo definitivo attraverso l’applicazione di un impianto endosseo».

Se si scheggiano

La vita agitata dei bambini può provocare anche la scheggiatura o la rottura di un dente da latte. Se capita, bisogna fare un bilanciamento tra costi, danno estetico e tempo che manca alla permuta del dente. «Se il danno non è eccessivo e non provoca dolore, ogni intervento estetico su un dente da latte è fuori luogo. Per di più, ricostruire il dente a un bimbo di tre anni, oltre a non essere una procedura indicata, non è semplice», avverte l’odontoiatra. Dente: se si rompe, è giusto conservarlo nel latte?

Se non spuntano

Un ulteriore disturbo dei denti da latte può nascere dalla genetica. È il caso del dentino che non spunta. «Le agenesie congenite sono apparentemente sempre più numerose perché sono cambiati i criteri di indagine», rileva Rosmarini. Se il dente da latte non spunta, non è detto che non spunterà quello permanente: in molti casi la dentizione decidua può avere problemi e quella definitiva essere perfetta. «Fondamentale l’intercettazione precoce con una radiografia per scoprire se il permanente crescerà o meno», continua l’esperto. «Non tanto per il dente mancante, quanto per la conformazione della bocca. Se un bambino perde dei denti per un trauma, la sua bocca non avrà problemi perché è già strutturata, ma, se un bambino nasce senza alcuni denti, la bocca non sarà armonica perché l’assenza di una parte della dentizione e, soprattutto, delle radici impedirà lo sviluppo regolare dell’osso».

Come rimediare? «Con apparecchi di educazione funzionale, che simulano la crescita normale della bocca indipendentemente dal fatto che ci siano o meno tutti i denti. Quando dopo i 18 anni lo sviluppo sarà completo, lo specialista deciderà come reinserire gli elementi mancanti». Anche in questo caso, se l’agenesia colpisce un dente anteriore e si pone il problema estetico, si può ricorrere all’utilizzo di protesi, come il citato Maryland Bridge.

Se non cadono

Ci sono pazienti, infine, in cui il dente da latte proprio non se ne vuole andare. In genere, è perché manca quello permanente. «Il deciduo cade perché quello “nuovo” consuma le sue radici erompendo. Se manca, le radici del dente da latte rimangono intatte e lui rimane stabile. Può durare anche fino a 50 anni», racconta l’odontoiatra. I problemi sono «sia estetici sia funzionali perché forma, dimensione e colore del dente da latte non sono mai uguali a quelli dei permanenti. In queste situazioni si cerca di capire con una radiografia se il permanente esiste e ha buone probabilità di erompere: in tal caso si estrae il dente deciduo in attesa dell’eruzione di quello nuovo. Se invece la radiografia conferma l’assenza del permanente, si conserva il dente da latte». E allora non rimane altro che tenerselo e proteggerlo al meglio.

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