Salute

La malattia di Crohn “ubriaca” il cervello

I tempi di reazione rallentano come quando si beve un bicchiere di troppo

Avere il morbo di Crohn è come vivere in un perenne stato di ebbrezza: questa malattia infiammatoria intestinale può causare addirittura un rallentamento dei tempi di reazione del cervello, proprio come accade quando si beve un bicchiere di troppo. Lo ha scoperto il gastroenterologo Daniel van Langenberg della Monash University di Victoria, in Australia, grazie a uno studio che spiega finalmente la ragione per cui molti pazienti lamentino difficoltà di concentrazione, vuoti di memoria e pensieri offuscati.

La ricerca, pubblicata sullo United European Gastroenterology Journal, dimostra che i tempi di reazione del cervello dei pazienti con morbo di Crohn sono il 10% più lenti del normale. Questo problema risulta essere strettamente correlato con alcuni sintomi, come il dolore addominale e l’affaticabilità, che sono in qualche modo delle “spie” della condizione di infiammazione.

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Il dato più sorprendente è che questi tempi di reazione rallentati sono addirittura peggiori di quelli misurati in soggetti sani con un tasso alcolemico nel sangue superiore al limite di 0,05 grammi per 100 millilitri consentito dal codice della strada nella maggior parte dei Paesi europei.

Risultati secondari, ma non per questo meno importanti, rivelano che il morbo di Crohn si associa spesso anche a segni depressivi più evidenti e ad una minore qualità del sonno, entrambi problemi collegati a maggiori difficoltà cognitive.

«Questi risultati rinforzano la consapevolezza che il morbo di Crohn determini una serie di conseguenze multi-sistemiche con un impatto sulla vita dei pazienti che va ben al di là dell’apparato digerente», afferma Daniel van Langenberg. «La scoperta è in linea con esperimenti precedenti che avevano dimostrato come l’infiammazione intestinale determini un aumento dell’attività infiammatoria nel cervello, a livello dell’ippocampo. Questo – aggiunge l’esperto – potrebbe a sua volta spiegare il rallentamento dei tempi di reazione che abbiamo osservato nel nostro studio».

di Elisa Buson

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