Le vostre storie

«Avevo mal di schiena, era un tumore alla colonna vertebrale»

La storia di Luca Bitonti. «Pensavo di avere "solo" un fastidioso mal di schiena. Poi la notizia che ha sconvolto la mia vita»

Luca Bitonti, 22 anni, ha scoperto che la causa dei suoi continui mal di schiena era un tumore alla colonna vertebrale. Scopri qui quali sono i sintomi, le cause e le terapie per questo tipo di tumore. Operato all’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, ora sta bene. Ecco il racconto di Luca, che abita in provincia di Varese e lavora presso una società di demolizione industriale. Ecco i 10 segnali che spesso i pazienti sottovalutano per paura di avere un tumore.

Pensavo fosse colpa dello sport

«Avere 22 anni e soffrire di un costante mal di schiena non è normale. È vero che lavorando in una società di demolizioni industriali capita spesso di sollevare carichi un po’ troppo pesanti e forse, pensando a uno strappo, all’inizio sottovaluto il problema. (Hai dolore alla schiena? Ecco cosa potrebbe essere).
Avverto i primi sintomi circa due anni fa e nel tempo crescono di intensità: prima un dolorino poi un male diffuso e un forte bruciore nella parte bassa della schiena. Cos’è? Le penso tutte, ipotizzando persino il fuoco di Sant’Antonio. (Ecco i sintomi e la cura per battere l’Herpes Zoster). Poi inizio il mio tour di medici specialisti: dermatologo, osteopata, ortopedico e neurochirurgo… Faccio persino una risonanza magnetica lombare per escludere la presenza di ernie.
Tutto regolare, ma il mal di schiena prosegue sempre più intenso. Guardo il volto dei dottori sempre più perplessi, i loro sguardi nascondono la domanda: cosa mai può far soffrire un ragazzo di poco più di vent’anni, che pratica sport… Penso anche ad attribuire la colpa al mio amato calcio a cinque: che sia stato qualche contrasto duro a procurarmi quella strana lombalgia?

Gruppo San Donato

Comincio ad avere paura

A febbraio del 2013 mi propongono di fare l’ennesima risonanza magnetica per un controllo approfondito della zona dorsale. Accetto, ma resto un po’ titubante, ne avevo già fatta una. Non capivo perché rifarla in una parte della schiena leggermente più alta della precedente. Il mio dolore era in basso! Oltre tutto questa volta sarebbe dovuta durare molto di più, circa un’ora e quaranta minuti. Troppo tempo, a mio modo di vedere, da trascorrere all’interno di quello strano macchinario sottoponendomi a un bombardamento di raggi… Ma, forse, a spaventarmi è la paura inconscia che realmente possano trovare qualcosa di grave. E così è.

Dopo la seconda risonanza capisco subito che c’è un problema serio 

Appena uscito dalla sala della risonanza vedo tre medici confabulare. Ricordo bene che al mio arrivo c’era un solo dottore e penso che gli altri siano arrivati per un consulto generale. Un brivido freddo mi percorre quando si avvicinano a me scuri in volto. La macchina ha individuato un grosso tumore tra la spina dorsale e il polmone. Vengo ricoverato immediatamente e inizio a fare gli esami di rito, partendo dalla biopsia.

16 ore di intervento chirurgico 

Dall’ospedale Sant’Anna di Como mi trasferiscono all’Istituto ortopedico Galeazzi di Milano, dove un’équipe guidata da Alessandro Luzzati, direttore dell’unità operativa di oncologia ortopedica e ricostruttiva del rachide, mi sottopone a un delicato intervento che dura ben 16 ore. Il tumore è grande come un pompelmo e avvolge anche la spina dorsale.
Mi spiegano nel dettaglio il tipo di intervento. Prima mi metteranno sul lato e incidendo sul fianco libereranno la parte sinistra del torace, compresa l’aorta, poi verrò girato a pancia in giù e verranno staccate quattro vertebre troppo avviluppate dal tumore e verranno ricostruite prendendo frammenti ossei dal bacino.

Se qualcosa va storto rischio di morire o di rimanere paralizzato. L’operazione invece riesce. Dopo un mese di riabilitazione alla clinica Villa Beretta di Costa Masnaga sono quasi come nuovo. Certo, mi sono preclusi gli sport che prevedono contatti, ma il medico mi ha promesso che entro un paio di anni potrò dare quattro calci a un pallone. Senza esagerare».

Luca Bitonti (testimonianza raccolta da Simone Fanti)

 

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