Salute

Parlare nelle scuole perché le malattie rare non siano più incomprensibili

«Ha una malattia strana», a volte si sente parlare così delle persone affette da malattie rare. Significa semplicemente che una persona ha una malattia che gli altri non conoscono.

È il minimo. Ci sono bambini che vengono erroneamente trattati come se non capissero, quando magari hanno solo una malformazione o un problema muscolare, adulti che vengono emarginati per quella tosse continua, per paura di un contagio, non sapendo che di infettivo non hanno proprio nulla.

Capire e conoscere non sono mai cose superflue, perché sapere di più sulla malattia di qualcuno che ci è vicino o che potremmo incontrare, aiuta a relazionarci meglio. Per questo ultimamente stanno prendendo piede in Italia una serie di iniziative volte a spiegare le malattie rare nelle scuole, con linguaggi di volta in volta adatti all’età dei ragazzi, ma sempre con attenzione alla correttezza di cosa si comunica.

Gruppo San Donato

C’è chi si concentra sui ragazzi delle scuole medie, chi sulle superiori. L’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, ad esempio, ha inaugurato proprio il 27 febbraio scorso un progetto pilota su Roma, che prevede la spiegazione l’ABC dell’ereditarietà genetica guardando all’interno della propria famiglia. Così i ragazzi potranno imparare, incontrando gli esperti del Bambino Gesù, che con i giovanissimi sanno certo relazionarsi bene, a non temere le cose che non si conoscono proprio ma a scoprirle. Il progetto dura un anno, ci saranno una serie di lezioni e poi i ragazzi aiutati dai propri insegnanti realizzeranno degli elaborati che parteciperanno ad un concorso finale. La premiazione avverrà in occasione della giornata delle Malattie Rare del 2013.

Diversa l’esperienza che Ama Fuori da Buio, associazione modenese che si occupa di malattie rare, ha messo in campo insieme a studenti delle scuole superiori a indirizzo socio sanitario. A questi ragazzi, tramite l’associazione e tramite anche la collaborazione con il Policlinico di Modena, è stato permesso di passare un lungo periodo di tempo a contatto, per otto ore al giorno, con i pazienti affetti da malattie rare: hanno potuto così vivere da vicino un mondo che troppe volte si crede lontano dal quotidiano e coglierne alcune particolarità. Sono solo due esempi, le esperienze di questo tipo stanno crescendo, non è una buona cosa che anche i più giovani siano sensibilizzati a questo tema?

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