Salute

Idrocefalo normoteso: come riconoscerlo e curarlo

Diagnosi e cure della patologia neurologica degenerativa che colpisce tra il 2 e il 6% della popolazione sopra i 65 anni

L’idrocefalo normoteso è una patologia neurologica ad andamento progressivo che comporta un accumulo eccessivo di liquido cerebrospinale (CSF) o liquor all’interno del cervello con conseguente ingrandimento dei ventricoli e aumento di pressione intracranica, pressione che tende poi a stabilizzarsi con il passare del tempo. «Colpisce soprattutto dopo i 60 anni di età con una lieve prevalenza nel sesso maschile e ha una incidenza che varia tra il 2 e il 6% della popolazione sopra i 65 anni», spiega Marco Maria Fontanella (puoi chiedergli un consulto), direttore dell’unità operativa di neurochirurgia presso gli Spedali Civili di Brescia. «Per cause ancora ignote i pazienti affetti da idrocefalo normoteso presentano un disequilibro tra produzione e riassorbimento di liquor, con conseguente accumulo di quest’ultimo e comparsa nella maggior parte dei casi di sintomi quali disturbo dell’andatura, incontinenza e deficit a livello cognitivo ma anche altri sintomi quali mal di testa, vertigini, disturbi della memoria». Si tratta di sintomi spesso sovrapponibili ad altre patologie quali Alzheimer (deficit della memoria a breve termine) o Parkinson (disturbi della deambulazione) o forme di demenza senile, motivo per cui spesso l’idrocefalo normoteso è sotto-diagnosticato. Eppure al contrario di Alzheimer e Parkinson è nella maggior parte dei casi curabile con un intervento chirurgico che consiste nell’introduzione di una valvola (shunt) per il drenaggio del liquor in eccesso.

Le cause. Le cause dell’idrocefalo normoteso sono ancora sconosciute. Talvolta sembra essere secondario a traumi, interventi neurochirurgici, emorragie o meningiti.

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I sintomi. L’idrocefalo normoteso presenta principalmente una triade di sintomi: disturbo nell’andatura, demenza, incontinenza urinaria. «Il sintomo in genere più precoce è il disturbo della marcia: la deambulazione avviene per piccoli passi ed è caratterizzata da perdita di equilibrio nei cambi di direzione», prosegue Fontanella. «Accanto a questi disturbi dell’andatura le persone possono sperimentare anche dei deficit a livello cognitivo che vanno da disturbi dell’attenzione a perdite di memoria a breve termine. Nella triade, l’ultimo sintomo a comparire è l’incontinenza urinaria». Associati con l’invecchiamento, tali sintomi vengono spesso sottovalutati e molte persone ci convivono anche per mesi o anni prima di recarsi da un medico per un controllo.

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La diagnosi. Trattandosi di una patologia ad andamento progressivo la tempestività nella diagnosi è importante per un trattamento di successo e un miglior recupero delle funzionalità perdute. La diagnosi può risultare spesso complessa in quanto i sintomi non sempre compaiono simultaneamente o possono essere erroneamente associati ad altre patologie. «Per la diagnosi di idrocefalo normoteso sono necessari alcuni test diagnostici che da un lato servono a confermare la patologia e dall’altro a verificare l’idoneità dei pazienti ad essere sottoposti ad intervento chirurgico tramite l’impianto di una valvola in grado di drenare il fluido cerebrale in eccesso» spiega il neurochirurgo degli Spedali Civili di Brescia. Questi esami consistono solitamente in una TAC al cranio oppure in una Risonanza magnetica dell’encefalo per valutare l’aumento di volume a livello dei ventricoli o per valutare se vi è un’ostruzione. A completamento della diagnosi, il paziente viene sottoposto o ad un test di sottrazione liquorale o a un test di infusione. «La sottrazione di liquor attraverso una puntura lombare fino a 50 cc serve a valutare una eventuale risposta positiva (miglioramento della deambulazione) al successivo impianto di uno shunt», prosegue Fontanella. «La puntura lombare, infatti, tende a mimare l’effetto della valvola impiantata: il paziente dopo la sottrazione di liquor si sente come si sentirebbe dopo l’impianto di uno shunt ed il miglioramento temporaneo della sintomatologia, dopo sottrazione di liquor, diventa quindi un parametro da tenere in considerazione quando si valuta l’eleggibilità di un paziente all’intervento. Il test di infusione, fatto in anestesia locale attraverso un ago lombare, registra la pressione liquorale durante l’infusione di una soluzione fluida. Il gradiente pressorio ottenuto viene utilizzato per calcolare la resistenza al deflusso di liquor e risulta aumentata in caso di idrocefalo normoteso».
Prima dell’intervento il paziente viene inoltre sottoposto a test neuropsicologici, psicometrici compresa anche un’analisi raffinata della marcia, i cui risultati serviranno poi come parametro per valutare il miglioramento della sintomatologia a seguito dell’intervento.

L’intervento. «Il trattamento di elezione per i pazienti affetti da idrocefalo normoteso, che hanno mostrato una risposta positiva al test di sottrazione di liquor, consiste in un intervento chirurgico di meno di un’ora, che comporta l’impianto di una valvola (shunt) programmabile collegata a due cateteri (uno ventricolare e uno peritoneale) con la scopo di drenare il liquido in eccesso presente a livello cerebrale e trasportarlo nell’addome dove viene riassorbito» conclude Fontanella.
Tra i rischi dell’intervento chirurgico, i principali sono emorragia cerebrale intraparenchimale e infezioni dei cateteri, eventi che però risultano molto rari. Tra le complicanze tardive, l’ostruzione di un catetere o la disconnessione di uno dei due cateteri dalla valvola. Il paziente dopo l’intervento viene trattenuto per circa 5 giorni in ospedale, dove viene sottoposto a esami di follow-up per verificare la risoluzione dei sintomi ed eventuali complicanze precoci (emorragia o infezione). La prognosi dipende da molti fattori, ma la percentuale di guarigione dell’idrocefalo normoteso, se diagnosticato correttamente, è superiore al 70%.
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