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L’Azalea dell’Airc contro i tumori femminili

Uno studio italiano, sostenuto da Airc, raddoppia le possibilità per una paziente sottoposta a chemio di avere una gravidanza dopo la terapia

Torna il fiore simbolo della lotta contro i tumori femminili. L’Azalea della Ricerca AIRC domenica 8 maggio sarà in 3.600 piazze (trova quella più vicina a te). Per sostenere e migliorare la qualità della vita delle donne basterà un contributo di 15 euro. Un regalo speciale per festeggiare le mamme e tutte le donne, un regalo importante per sostenere concretamente il lavoro di tutti i ricercatori AIRC impegnati a trovare le cure più adeguate da portare, nel più breve tempo possibile, dal laboratorio al paziente.

Più di 60.000 donne ogni anni nel nostro Paese sono colpite da un tumore al seno o agli organi riproduttivi. Il cancro al seno pur essendo il più frequente, con circa 48.000 nuove diagnosi, è anche quello per il quale la ricerca ha ottenuto i migliori risultati, portando la sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi dal 78 all’87% solo negli ultimi due decenni. Un traguardo importante, ma ancora lontano dal 100%, soprattutto se si considera l’aumento dell’incidenza del tumore al seno nella fascia di età 30-40 anni: sono infatti circa 3.000 le giovani donne, ogni anno sottoposte a protocolli di cura per questo tumore, che potrebbero vedere compromessa la possibilità di avere dei figli al termine delle terapie.

Gruppo San Donato

L’Italia, grazie al sostegno di AIRC, è stata tra i primi paesi al mondo a effettuare studi rivolti alla preservazione della fertilità nelle pazienti colpite da cancro. Questi protocolli hanno potuto vedere la luce grazie alle importanti risorse destinate da AIRC che, complessivamente, nell’ultimo triennio, ha sostenuto con oltre 44 milioni di euro ben 404 progetti di ricerca sui tumori femminili.

Quali sono le terapie innovative? Lucia Del Mastro è direttore dell’Unità Sviluppo Terapie Innovative al San Martino-Istituto Tumori di Genova.
«Le terapie innovative attualmente sono rappresentate da nuovi farmaci che sono mirati in maniera specifica contro i meccanismi che sono alla base dello sviluppo dei tumori. Sono farmaci che non sono chemioterapici ma biologici – possono essere anticorpi monoclonali o piccole molecole – che sono capaci di arrestare la crescita dei tumori».

Qual è la differenza nel curare le pazienti che hanno un tumore al seno o alle ovaie?
Con le pazienti donne, soprattutto quelle giovani, c’è il possibile rischio di avere una perdita della loro fertilità, come conseguenza del trattamento chemioterapico. La ricerca che abbiamo fatto nel nostro ospedale e in altri 15 centri italiani e che è stata sostenuta dall’Airc, ha l’obiettivo di ridurre questo effetto collaterale. In pratica quello che abbiamo fatto è somministrare un farmaco che mette a riposo le ovaie prima e durante la terapia per ridurre gli effetti tossici della chemioterapia stessa a livello ovarico. I risultati dello studio sono stati molto importanti, perché abbiamo dimostrato che con questa tecnica è possibile ridurre il rischio di menopausa anticipata dal 25 al 10% e abbiamo visto raddoppiata la possibilità di avere una gravidanza al termine della terapia.
Per quanto riguarda il seno oggi la stragrande maggioranza è un intervento conservativo in cui viene asportato solo il nodulo, quindi non c’è un danno estetico al seno. In altri casi, in cui è necessario asportare la ghiandola, si ricorre a un intervento che si chiama mastectomia nipple sparing, che risparmia cioè il capezzolo: una tecnica che permette di asportare la ghiandola con un risultato molto migliore. In pratica viene tolta la ghiandola e viene inserita una protesi, ma esternamente vengono conservati la cute e il capezzolo, con un ottimo risultato estetico.

Il farmaco è già disponibile o è solo sperimentale?
Questo è un problema che stiamo affrontando da tempo come associazione italiana di oncologia medica. Abbiamo chiesto che venga allargata l’indicazione di questi farmaci, perché sono già usati per inibire la produzione di estrogeni. Non hanno però ancora l’indicazione per l’utilizzo per la preservazione della fertilità e noi abbiamo chiesto più volte questa estensione, nonostante le linee guida riconoscano ormai questa tecnica come una terapia da proporre a tutte le donne che vogliono mantenere la funzionalità ovarica. Quindi in alcuni casi le pazienti devono pagarsi il trattamento. Oppure nei casi dei tumori con ricettori ormonali positivi, le donne possono cominciare questa terapia come terapia ormonale e la possono iniziare prima della chemio ottenendo il doppio effetto di protezione della funzionalità delle ovaie e di anti tumorale.
La registrazione del farmaco con una certa indicazione avviene dall’azienda farmaceutica e fornisce tutti i dati clinici che dimostrano che è efficace in quella determinata indicazione. In questo caso la sperimentazione non è arrivata dalle aziende farmaceutiche, ma è stata spontanea. Comunque siamo fiduciosi che il ministro Lorenzin presto possa estendere l’indicazione.

Cosa dobbiamo aspettarci dalla ricerca nei prossimi dieci anni?
Così come stiamo applicando le terapie biologiche in alcuni sottotipi di tumori anche del seno, questi farmaci saranno usati per tutti gli altri tipi di tumore ottenendo tassi di guarigione più alti. Prima curavamo tutti i tumori del seno o dell’ovaio nello stesso modo, ora a seconda del tipo di tumore e del tipo di meccanismo biologico che ne è alla base vengono applicati farmaci diversi.

Ci sono altri tumori a cui le donne devono stare particolarmente attente?
Quando si parla di tumore delle donne ci dimentichiamo che il secondo tumore più frequente è quello del colon. È quindi importante che le donne non si sottopongano solo alla mammografia o al pap test, ma anche a un altro esame di screening che è la ricerca di sangue nelle feci, che consente la diagnosi precoce del tumore al colon.

Quanto è importante sostenere Airc?
È fondamentale. Le faccio l’esempio pratico: lo studio che abbiamo fatto noi è il primo che ha dimostrato la possibilità di preservare la fertilità. Si tratta di una cosiddetta sperimentazione spontanea, cioè non sponsorizzata dalle azienda farmaceutiche, perché rispondeva a un quesito delle pazienti, non era un quesito che serviva a immettere un nuovo farmaco sul mercato. Questo tipo di sperimentazione ha bisogno di sostegno proprio e senza l’Airc noi non avremmo mai potuto fare sperimentazioni che possono essere di estremo interesse per le donne di tutto il mondo.

Francesco Bianco

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