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Diuretici nelle malattie cardiovascolari: a cosa servono?

Come funzionano questi farmaci? E perché in certi casi è importante incrementare la diuresi? Le risposte dell'esperto di OK Agatino Manganaro

Gambe gonfie, ritenzione idrica, senso di pesantezza sono disturbi frequenti, spesso legati a insufficienza venosa e a patologie cardiovascolari. Quando è il caso d’intervenire assumendo i diuretici? Questi farmaci servono davvero e come funzionano? Abbiamo approfondito l’argomento con Agatino Manganaro, professore associato alla Cattedra di malattie cardiovascolari all’Università di Messina (puoi chiedergli un consulto qui).

Che cosa sono i diuretici e come agiscono?


I diuretici sono farmaci che si differenziano sotto il profilo chimico, ma hanno in comune la capacità di incrementare la diuresi, ovvero la quantità di urina che si produce nelle 24 ore.
Riducono la pressione attraverso l’eliminazione del sodio con le urine: meno sodio significa meno volume plasmatico (volume del sangue all’interno di arterie e vene) ed alla lunga anche riduzione delle resistenze dei vasi, che anziché andare incontro a vasocostrizione, si dilatano. Ecco perché è opportuno nell’ipertensione supportare il trattamento farmacologico con una dieta povera in sale.

Gruppo San Donato

Quante tipologie di diuretici esistono?

Sono cinque i gruppi in cui si suddividono i diuretici, a secondo dell’azione che svolgono: i diuretici tiazidici, i diuretici dell’ansa, poi ci sono gli inibitori dell’anidrasi carbonica, i diuretici risparmiatori di potassio e i diuretici osmotici. Ognuno di questi farmaci ha indicazioni, meccanismi ed anche effetti collaterali diversi.

I diuretici sono farmaci che vanno utilizzato con molta cautela, sotto controllo medico e soltanto laddove altri farmaci hanno fallito. Un loro trattamento prolungato può infatti provocare anche danni renali.

Quando sono prescritti e quali possono essere gli effetti collaterali?

I diuretici più conosciuti e impiegati sono i tiazidici e i diuretici dell’ansa. I tiazidici servono prevalentemente per la cura dell’ipertensione e possono essere impiegati da soli o in associazione ad altri farmaci. In caso d’ipertensione sono utili anche i diuretici dell’ansa, che tuttavia, agendo su una porzione specifica del rene, che li fa essere tra i diuretici più efficaci sono spesso impiegati quando si verifica uno scompenso cardiaco, con conseguente gonfiore alle gambe, edemi o ritenzione idrica.

Lo scompenso cardiaco, che può essere acuto o cronico, è sinonimo di insufficienza cardiaca: è un fenomeno complesso che si può sintetizzare nell’incapacità del cuore a mantenere una buona gittata e una buona perfusione dei vari organi compreso il rene dove viene ridotto il filtrato e quindi la diuresi. Si ha così una incremento del volume plasmatico che tende a trasferire liquidi negli spazi extravasali creando edema: i diuretici incrementando la diuresi riducono i liquidi in eccesso, ovunque si trovino: polmone, fegato, gambe e altre localizzazioni.

L’effetto collaterale più importante di questi due gruppi di diuretici è rappresentato dalla possibile perdita di potassio. La mancanza di potassio può avere conseguenze gravi come ad esempio aritmie importanti. Per questa ragione, quando s’impiegano per lungo tempo i diuretici tiazidici e dell’ansa, si associano molto spesso ai diuretici risparmiatori di potassio. Quest’ultimo gruppo di diuretici è formato da antagonisti di ormoni come l’aldosterone e che hanno, per questo una blanda azione diuretica, ma in più la caratteristica di risparmiare potassio.

In quali altri casi si utilizzano?

Gli inibitori dell’anidrasi carbonica hanno un effetto diuretico modesto e più che nell’ipertensione sono utilizzati in alcune patologie particolari come ad esempio il glaucoma, per abbassare la pressione dell’occhio, o in alcuni casi di epilessia, per incidere sull’accumulo di anidride carbonica a livello cerebrale e sulla riduzione degli ioni bicarbonato a livello dei neuroni. Questi farmaci possono possono essere usati anche nel mal di montagna, sindrome di ritenzione idrica provocata dall’ascesa rapida in quota.

I diuretici osmotici sono gli unici a non avere un’azione diretta sul rene, ma incrementano la diuresi perché richiamano il liquido dai tessuti all’interno dei vasi. Questa tipologia di farmaci è impiegata nei pazienti, generalmente anziani, con edema cerebrale da ischemia o ictus, per far scendere la pressione cerebrale.

Cos’è l’insufficienza venosa cronica (IVC)?

L’insufficienza venosa è una patologia vascolare che è stata un po’ sottovalutata in passato; è una patologia molto diffusa e può avere conseguenze importanti se non curata. Secondo le statistiche, almeno una persona su due, una volta nella vita, ha sofferto di questo disturbo. Colpisce gli arti inferiori e provoca diversi segni e sintomi come pesantezza alle gambe, macchie talora pruriginose, gonfiore, varici. Le cause possono essere varie: familiarità, stili di vita sbagliati, eccessiva immobilità, sovrappeso.
L’insufficienza venosa provoca stasi, ovvero il fenomeno di ristagno del sangue, che è il più grave fattore di rischio per trombosi venosa.

Come si combatte?

I diuretici hanno scarso effetto nella IVC, salvo non coesista uno stato ipertensivo o una cardiopatia. L’IVC si combatte con i farmaci flebotonici, antinfiammatori e soprattutto con le calze elastiche e l’attività fisica.

L’attività fisica è molto importante anche nel caso della trombosi venosa, che si combatte con i farmaci anticoagulanti ma anche incoraggiando il paziente a camminare, a muoversi, senza allettarlo come erroneamente si faceva in passato. I dati della letteratura degli ultimi venti anni hanno infatti dimostrato che la deambulazione in un paziente con trombosi venosa riduce il rischio dell’embolia polmonare, che della trombosi è la conseguenza più temibile, talvolta mortale.

Eliana Canova

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