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Disabili: permessi per assistenza (Legge 104) anche per i conviventi

La Corte Costituzionale ha stabilito che un disabile ha diritto a essere assistito dalla persona che gli vive accanto. La sentenza: "Disparità inaccettabile"

Chi convive more uxorio, quindi come marito e moglie, con una persona disabile ha diritto di usufruire dei tre giorni di permesso mensile retribuito, come accadeva finora solo per i coniugi sposati e per i parenti fino al secondo grado.

Lo ha deciso la Corte Costituzionale che ha definito illegittima la legge 104 del 1992, e successive modifiche del 2010, nella parte in cui “non include il convivente” tra i “soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona con handicap in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine entro il secondo grado”.

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La Consulta ha spiegato che questa sentenza ha l’obiettivo di tutelare la salute psicofisica della persona disabile e non quello di equiparare coniugi e conviventi. 

La Corte si è pronunciata dopo che una signora livornese si è rivolta al Tribunale della città toscana perché la Asl dove lavora non voleva concederle i permessi mensili previsti dalla legge 104, nonostante dovesse assistere il suo convivente malato in maniera grave e irreversibile a causa della malattia di Parkinson.

La Consulta, dando ragione alla signora, ha ribadito che quando si tratta di salute interviene l’articolo 3 della Costituzione che vieta disparità di trattamento tra i cittadini. Se così non fosse si legge nella sentenza “il diritto, costituzionalmente presidiato, del portatore di handicap di ricevere assistenza nell’ambito della sua comunità di vitaverrebbe ad essere irragionevolmente compresso, non in ragione di una obiettiva carenza di soggetti portatori di un rapporto qualificato sul piano affettivo, ma in funzione di un dato ‘normativo’ rappresentato dal mero rapporto di parentela o di matrimonio”.

La Corte ricorda di aver “più volte affermato” che la “distinta considerazione costituzionale della convivenza e del rapporto coniugale non esclude la comparabilità delle discipline riguardanti aspetti particolari dell’una e dell’altro che possano presentare analogie ai fini del controllo di ragionevolezza a norma dell’articolo 3 della Costituzione. In questo caso, l’elemento unificante tra le due situazioni è dato proprio dall’esigenza di tutelare il diritto alla salute psico-fisica del disabile grave, nella sua accezione più ampia, collocabile tra i diritti inviolabili dell’uomo“.

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