Benessere

Giusy Versace: «Così mi prendo cura della mia pelle»

«Vivere con le protesi espone a lividi, piaghe e vesciche sui monconi. Due volte al giorno mi dedico all’igiene con sapone neutro e applico una crema idratante»

Una pozza di sangue e le mie gambe tagliate di netto. Ecco quello che ricordo lucidamente di quel drammatico pomeriggio del 22 agosto 2005. Sotto un violento temporale, la mia auto si era schiantata contro un guard rail sulla Salerno-Reggio Calabria, che si è spaccato in due tranciandomi entrambi gli arti inferiori. Nonostante il dolore atroce e l’orrore di ciò che vedevo, non ho perso i sensi. Almeno al momento, perché poi sono rimasta in coma per una settimana. E quando mi sono risvegliata ho saputo che mi trovavo ancora su questa terra. Ma senza le mie gambe.

In ospedale sono rimasta quattro mesi, durante i quali il mio fisico ha reagito in maniera positiva e relativamente rapida. Così, quando sono tornata a casa, c’è voluto poco perché potessi iniziare ad avvalermi delle protesi. Il mio corpo era pronto per cominciare ad adattarsi alle mie nuove gambe. Ma soprattutto lo era il mio cervello, che mi rimandava continuamente un pensiero intenso e costante: il desiderio di non vedermi monca. Tanto più che anche i medici che seguivano il mio percorso di riabilitazione sostenevano che sarebbe stato di grande aiuto al mio recupero fisico. Per questo cercavo di tenermi addosso il più a lungo possibile quei due primi corpi estranei con anima di titanio e piede di legno, anche quando crollavo sfinita sulla sedia a rotelle. Sapevo che se non avessi cercato di abituarmi fin da subito, col passare del tempo sarebbe stato sempre più difficile. E pur di non vedere i pantaloni vuoti, ero determinata a sopportare a denti stretti il dolore che mi provocavano, soprattutto quando camminavo, perché i monconi venivano sollecitati bruscamente. Il risultato? Mi ritrovavo spesso lividi e cicatrici, piaghe e sanguinamenti, graffi e vesciche. Poi c’erano i cosiddetti dolori da arto fantasma: avvertivo crampi e formicolii a piedi, caviglie e polpacci, pur non avendoli più. E quante notti sono caduta dal letto alzandomi automaticamente perché il mio cervello teneva ancora memorizzato il consueto schema motorio, procurandomi ulteriori lesioni.

Ogni giorno molto stretching
Ho seguito alla lettera le indicazioni del fisiatra Danilo Nicita, che consistevano in due punti chiave: igiene e idratazione. Naturalmente continuo tuttora a seguire i suoi consigli, per proteggere e preservare la pelle soprattutto di quella zona, ormai estremamente delicata. Ogni sera detergo profondamente con acqua e sapone neutro sia il moncone, sia la cuffia di silicone che lo avvolge. Poi stendo un generoso strato di crema idratante, massaggiando a lungo e delicatamente la parte. Al mattino ripeto tutto. E prima di applicare le protesi faccio molti esercizi di stretching, per mantenere il tono muscolare elastico e resistente: essendo un’amputata bilaterale non ho un contatto naturale con il terreno come invece chi conserva ancora un arto dei suoi, quindi ho bisogno di avere muscoli saldi per mantenere una buona gestione della protesi. Ciò nonostante, basta poco per causare alla pelle lesioni più o meno consistenti: in quel caso uso pomate farmaceutiche cicatrizzanti e lenitive. E quando ho dolori muscolari utilizzo un gel antinfiammatorio.

Gruppo San Donato

La mia partecipazione a Ballando con le stelle 10 è stata un’esperienza emozionante ma durissima. I miei muscoli da atleta velocista, grossi e gonfi, con il ballo si sono allungati e assottigliati, e in più avevo anche perso un paio di chili. Tutto questo ha influito sulle protesi, che non risultavano più perfettamente su misura come devono essere. Risultato? Tante ferite e la perdita in diretta di una di loro durante un’esibizione. Ma neppure lì volevo mollare: alternavo gli allenamenti di ballo a quelli di atletica con il mio esigentissimo trainer Andrea Giannini e sono riuscita a fare cose che mai avrei creduto possibili.

Mi salva la fede in Dio
Merito della mia forza di volontà? In parte sì. Non posso certo negare di essere estremamente combattiva e determinata. Ma merito, anche e soprattutto, della mia fede in Dio. Sarebbe stato facile prendersela con lui per quanto mi era accaduto. Ma la realtà è che ho visto la morte in faccia e sono sopravvissuta. Sono convinta di aver ricevuto una seconda opportunità, da accettare e riempire di senso, e per la quale non posso che essere grata. E anche se a volte cado nello sconforto, adesso ho imparato a non vedere le mie protesi come una croce da portare, ma come un mezzo che mi ha permesso di tornare a sorridere alla vita.

Giusy Versace

Testimonianza raccolta da Grazia Garlando per OK Salute e benessere ottobre 2015

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio