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Cuore: sicuri sia meglio l’olio di semi che il burro?

Nuovi dubbi da uno studio Usa: preferire olii ricchi di acido linoleico ridurrebbe il colesterolo senza abbassare il rischio cardiovascolare

Per anni ci siamo sentiti in colpa a spalmare un pezzetto di burro sul pane la mattina. Abbiamo sognato di saltare staccionate gridando “no” al colesterolo e “sì” agli olii di semi. Ma chi ha detto che abbiamo fatto bene?

Il nostro cuore potrebbe non essersene accorto, anzi, potrebbe addirittura averci rimesso qualcosina. A insinuarci questo malefico dubbio ci pensa uno studio statunitense, pubblicato sul prestigioso British Medical Journal, che passa in rassegna una serie di dati sorprendenti ottenuti da vecchie ricerche e mai finiti sulle pagine delle riviste scientifiche.

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Ad analizzarli ci hanno pensato gli esperti dell’Università del North Carolina e del National Institute of Health americani, che sono partiti recuperando i risultati grezzi e originali del Minnesota Coronary Experiment (MCE), un ampio studio condotto negli anni Sessanta su oltre 9.000 pazienti psichiatrici per valutare gli effetti sulla salute provocati dalla sostituzione del burro con olii di semi ricchi di acido linoleico.

I risultati, raccolti nell’arco di quattro anni, dimostrerebbero che questo cambio della dieta permette sì di ridurre i livelli di colesterolo nel sangue, ma non di abbassare il rischio di malattie cardiovascolari e neppure il tasso di mortalità. Con grande stupore dei ricercatori, è perfino emerso che il rischio di morte sarebbe stato maggiore nelle persone in cui il cambio di dieta aveva fatto registrare il calo di colesterolo più drastico.

Risultati molto simili sono stati poi ritrovati anche in altri studi più piccoli, che dimostravano come aumentare il consumo di acido linoleico aumentasse in realtà il rischio cardiovascolare e di morte.

«Tutto ciò dimostra che la pubblicazione incompleta di dati molto importanti ha contribuito a sovrastimare i benefici e a sottostimare i potenziali rischi della sostituzione dei grassi saturi con olii vegetali ricchi di acido linoleico», commentano gli autori dello studio, ricordando però che è ancora troppo presto per demonizzare gli olii di semi, perché i dati analizzati sono parziali e necessitano di ulteriori conferme.

Le loro conclusioni hanno comunque sollevato un vespaio di polemiche, perché vanno contro tutte le linee guida internazionali sull’alimentazione, che suggeriscono di rimpiazzare i grassi saturi con gli olii vegetali. Forse ci troviamo davanti ad una prima crepa in questo muro di certezze, che forse così certe non sono, ma ovviamente è meglio andarci con i piedi di piombo: come ricordano molti esperti nutrizionisti in queste ore, lo studio del Minnesota è un po’ “datato”, è stato condotto in una popolazione molto particolare di pazienti psichiatrici e non prende in considerazione molti aspetti anche complessi della dieta.

Di certo i dati emersi aggiungono nuovi sospetti sull’acido linoleico,che forse non è poi così amico del cuore come abbiamo sempre pensato. Alcuni studi indicano che in certe circostanze potrebbe favorire uno stato infiammatorio, aumentando il rischio cardiovascolare. Secondo altri esperti, invece, sarebbe l’ossidazione di questi olii vegetali a favorire l’aterosclerosi.

Inutile mettersi le mani nei capelli finchè non arriveranno risposte definitive: nel frattempo la cosa più saggia da fare è quella di non trasformarci in “talebani” della tavola, lanciando inutili guerre sante contro il burro o gli olii vegetali. Meglio mangiare di tutto un po’, insomma. Una dieta ricca e il più possibile varia è sempre la scelta più giusta per la nostra salute.

di Elisa Buson

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