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Dolci di Carnevale: i consigli per fritti a regola d’arte

Renderli più digeribili è possibile: basta tenere d'occhio la qualità e la temperatura dell'olio di cottura

Chiacchiere, frittelle, zeppole, bugie, frappe, castagnole. Il Carnevale a tavola è sinonimo di fritto. Ogni città declina questo binomio a suo modo, seguendo tradizioni secolari che hanno dato vita a irresistibili dolci dorati che sono croce e delizia per i palati più golosi. Cedere alla tentazione non è solo un problema di calorie: molti considerano il fritto “pesante”, “indigeribile” e “grasso”. Ma questo non è sempre vero: basta seguire alcune semplici regole per archiviare tutti questi problemi e mangiare con serenità sia i dolci di Carnevale che le fritture di carne, pesce e verdure. Ce lo spiega Giovanni Lercker, Professore di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Bologna.

Come cucinare un fritto che sia anche “leggero”?

È possibile avere dei fritti poco impregnati della sostanza grassa del bagno di frittura solo se si evita che la temperatura dell’olio scenda sotto i 140 gradi mentre immergiamo l’alimento da cucinare. Se questo accade, infatti, non si forma la famosa crosticina dorata che impedisce la rapida perdita dell’acqua contenuta nel cibo: senza questo “scudo protettivo”, l’olio rischia di penetrare più in profondità.

Gruppo San Donato

Come evitare che i cibi si impregnino di olio?

Bisogna mantenere un’elevata temperatura del bagno di cottura (senza però che superi i 170-180 gradi o comunque sempre al di sotto del punto di fumo) e un rapporto tra il peso di cibo e olio pari a 1 a 10: in pratica un etto di alimento va cotto in un litro di olio, già portato ad elevata temperatura. In queste condizioni il cibo appare cotto con effetto superficiale più croccante e non unto al tatto, in quanto bagnato solo da un sottile velo di olio, risultando meno unto, più buono e anche più digeribile.

Come si sceglie la temperatura dell’olio?

La temperatura deve essere inversamente proporzionale allo spessore dei pezzi da friggere. I pezzi più piccoli si cucinano a temperature più elevate e più in fretta, mentre i pezzi più grossi si cucinano più lentamente a temperature di poco inferiori, in modo da non carbonizzare la superficie prima di cuocere il cuore del prodotto.

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Quale olio scegliere?

L’olio migliore per friggere è l’extravergine di oliva: soddisfa la caratteristica bontà della frittura, abbinando anche le proprietà legate alla scarsa presenza di grassi saturi e alla presenza di antiossidanti naturali, i polifenoli (biofenoli). La presenza di antiossidanti migliora la stabilità alla conservazione dell’olio stesso ed è essenziale nelle cotture a temperature elevate. In alternativa all’extravergine, per risparmiare, si possono usare le miscele per frittura commerciali, studiate per resistere meglio ai trattamenti termici ad elevate temperature.

Meglio la padella o la friggitrice?

La friggitrice si adatta meglio ad accogliere un volume maggiore di olio per il bagno di frittura, ma una volta utilizzato piange il cuore buttarlo via in quelle quantità! È possibile riutilizzarlo, a patto però di farlo con accortezza. È meglio friggere tante porzioni di alimenti una dopo l’altra, perché in questo modo facciamo pochi danni all’olio. Al contrario, friggere poco e riutilizzare il bagno di frittura a distanza di giorni, provoca la formazione di fumi con odore di rancido e dà al cibo un sapore cattivo. Questi spiacevoli effetti diventano tanto più evidenti quanto è più lungo il tempo intercorso fra una frittura e l’altra: la colpa è del processo di ossidazione dell’olio, iniziato con la prima cottura e proseguito fino alla successiva.

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